Un ritrovamento davvero incredibile e spaventoso, si è registrato in una delle spiagge più grandi del mondo. Una cosa che ha lasciato tutti gli esperti senza parole: oltre 14o cetacei spiaggiati e morti. I mammiferi, sono stati avvistati in una zona della Nuova Zelanda. A condannarli è stato il loro spirito di branco. Il forte legame sociale che questa specie di delfino di grandi dimensioni, crea, questa volta è risultato fatale a ben oltre 140 esemplari, Per i Globicefali, questo il loro nome, succede che quando il capobranco finisce a terra perché stordito o malato, tutti gli altri lo seguono.
L’allarme, lanciato nella notte ha allertato gli operatori del Dipartimento della Conservazione, che sono giunti sul posto per verificare l’accaduto. Lo spettacolo che gli esperti hanno trovato è stato terribilmente indescrivibile. 140 tra questi grandi delfini, lunghi tra i 5 e i 6 metri, morti sulla riva del mare. La maggior parte dei grossi cetacei spiaggiati purtroppo non è riuscita a sopravvivere. I pesci infatti, soprattutto se di peso superiore alla tonnellata, come i Globicefali, non possono vivere sulla terraferma. L’organismo di queste creature, necessita di essere sostenuto dall’acqua che impedisce loro di soffocare a causa del loro stesso peso.
Un salvataggio purtroppo impossibile
I soccorritori del Dipartimento di Conservazione, giunti sul posto dell’accaduto, erano troppo pochi rispetto al numero spropositato di cetacei spiaggiati. Inoltre l’arrivo dei volontari è stato impedito dal fatto che la zona era troppo remota e difficile da raggiungere. Tra il dispiacere generale, il capo del Dipartimento, Ren Leppens, ha confessato: “Il trattamento più umano è stata l’eutanasia. Ma è sempre una decisione straziante“.
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Non è la prima volta che si verificano episodi simili
Purtroppo, gli esperti, hanno raccontato, che episodi come questo, si sono verificati altre volte nel territorio neozelandese. La biologa marina, Sabina Airoldi di Tethys, ha spiegato che i globicefali: “Vivono in grossi branchi, da 40 a 400 individui, guidati da alcuni esemplari di riferimento, in genere femmine anziane. È una specie in cui il legame sociale è particolarmente forte. Se un esemplare sta male, gli altri si mettono intorno per tenerlo a galla. Ma se un capibranco finisce a terra, perché ha perso l’orientamento o è malato, gli altri membri lo seguono”.
Le trappole di morte
La biologa Sabina Airoldi, spiega inoltre un altro fatto importante e inquietante che caratterizza la Nuova Zelanda. La Airoldi spiega infatti: ” C’è poi il fenomeno delle ‘death trap’, trappole di morte. Sono delle baie in cui, per le caratteristiche del fondale, il sonar dei globicefali rimbalza in modo anomalo e li manda in confusione. Pensate a un branco di 200 animali che vanno nel panico. Se un capo finisce in acque basse o si spiaggia, gli altri lo seguono”.
Lo spiaggiamento può essere colpa dell’uomo?
Un’altra informazione ancora più preoccupante, fornita sempre dalla biologa marina, è relativa al fatto che l’essere umano, può essere colpevole dello spiaggiamento di alcuni animali. Come spiega l’Airoldi infatti: “Rumori fortissimi come i sonar militari o le esplosioni per le ricerche petrolifere, gli airgun, possono stordire i cetacei o lesionare gli organi interni. Così perdono l’orientamento e la corrente li spinge sulle spiagge”.
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