Tre persone arrestate e 235 ghiri congelati sequestrati sull’Aspromonte; a fare la scoperta i Carabinieri durante una perquisizione per spaccio di stupefacenti. Dalle indagini sarebbe emerso che gli animali fossero destinati, con molta probabilità, alle tavole degli ‘ndraghetisti; il ghiro, specie protetta, apparterebbe ad un rituale ‘pacificatore’, tra cosche opposte, legato alla ‘ndrangheta. Il roditore sarebbe persino la portata principale nei pranzi e nelle cene.
Sabato scorso (16 ottobre) i Carabinieri di Delianuova avrebbero trovato ben 235 esemplari già morti e imbustati in sacchetti di plastica e diversi altri ghiri chiusi in gabbie e pronti per condividere la stessa sorte. Il ritrovamento delle creature ha portato al fermo di tre persone accusate di cattura, detenzione e uccisione di animali di specie protetta.
I ghiri e le denunce di bracconaggio
I ghiri vivono di notte e proprio per questo per catturarli è necessario cacciarli con il buio, quando nessuna attività venatoria è consentita. Ma, tuttavia, la caccia al roditore protetto non si arresta; tanto che, negli anni scorsi la Lipu di Reggio Calabria aveva inviato decine di esposti all’autorità giudiziaria per segnalare l’attività di centinaia di bracconieri. Decine e decine le trappole trovare sugli alberi e utilizzate per catturare i ghiri e poi rivenderli, illegalmente, anche a molti ristoranti.
Come riporta il Corriere della Sera, in particolare per gli ‘ndranghetisti, il ghiro rappresenterebbe un pasto quasi ‘simbolico’; si legge infatti: “È narrazione ormai contemplata che i boss della ‘ndrangheta prendono le decisioni più importanti davanti a un piatto di ghiro arrostito“. Una pratica rituale che si lega a doppio filo ad un atteggiamento illecito e sembra derivare da significati ancestrali. La caccia ai ghiri, assolutamente illegale, potrebbe affondare le sue radici nei legionari romani, che si portavano dietro contenitori in cui allevavano questi roditori (oggi specie protetta) per avere a disposizione cibo per i momenti di bisogno.
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