Gli animali selvatici stanno diventando sempre più notturni e la colpa sembra essere degli escursionisti e delle passeggiate, forse, troppo frequenti. A studiare il comportamento, nell’arco di sette anni, della fauna selvatica, i ricercatori del Muse.
Un fenomeno registrato nei territori di montagna, ma che non si esclude possa diffondersi anche in altri habitat. La fauna selvatica sarebbe diventata sempre più notturna. Ovvero, animali abituati a procacciarsi il cibo (sia erbivori, che carnivori) di giorno pare stiano, piano piano, abbandonando la vita diurna prediligendo le ore serali per uscire allo scoperto. E la colpa di questo mutamento di abitudini sembrerebbe da attribuire agli escursionisti e alle camminate tra i boschi, forse, troppo frequenti. Questo quanto emerso da uno studio, condotto nell’arco di sette anni, dai ricercatori del Muse.
Se all’inizio la natura era selvaggia, poi l’attività agricola e pastorale (quindi l’arrivo dell’uomo) ha modificato habitat e abitudini degli animali. Tuttavia, con la diminuzione di queste attività gli animali si erano riappropriati degli spazi ad alta quota. Oggi, però, sono gli escursionisti a ‘contendersi’ i luoghi di montagna con diversi animali selvatici (lupi, cervi, orsi, per fare qualche esempio), e la fauna sembra reagire a questa nuova ‘invasione di campo‘. L’escursionismo, difatti, oltre ad essere uno sport per gli appassionati si è trasformato anche in un’attrattiva turistica e le passeggiate nei sentieri montuosi sono diventate abbastanza frequenti.
Il Museo delle Scienze di Trento (Muse) e l’Università di Firenze hanno condotto un’indagine proprio al fine di scoprire l’impatto degli escursionisti sulla fauna selvatica. Lo studio è stato poi pubblicato sulla rivista scientifica internazionale di sostenibilità ambientale Ambio. Attraverso l’utilizzo di 60 fototrappole, ogni estate (a partire dal 2015) i ricercatori hanno osservato un’area delle Dolomiti del Trentino occidentale, altamente frequentata da escursionisti, al fine di rilevare i passaggi di animali e persone. L’obiettivo era di monitorare la fauna e scoprirne le reazioni. Delle oltre 500 mila foto raccolte in sette anni di ricerca è emerso che il 70% di esse ritrae persone.
In sostanza il passaggio umano sarebbe stato 7 volte superiore a quello della specie più comune, la volpe, e persino 70 volte rispetto all’orso. Inoltre sembra che gli escursionisti abbiano fatto scattare le fototrappole molto più degli animali sia dentro che fuori le aree protette. Il primo dato che emerge dalla ricerca, tuttavia, è che gli animali non sono così stressati da abbandonare la montagna, ma preferiscono adottare una strategia difensiva particolare. Nelle aree più frequentate dalle persone, la fauna diventa più notturna evitando così gli incontri ravvicinati con i ‘disturbatori’.
Ma se si può dire che in questo caso si assiste ad un passo avanti nella convivenza tra uomo-fauna (osservando gli animali che non scappano difronte agli umani), è anche vero che per le creature che hanno meno agilità nella notte, questo potrebbe rappresentare un problema. Dunque, come spiegano i ricercatori: “Sta anche a noi umani adottare alcune misure per limitare l’accesso ad alcune aree dei parchi naturali nei periodi dell’anno più delicati per la fauna“. In modo da creare una convivenza possibile, ma che non arrechi danni alla sopravvivenza degli animali.
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