Lillo è la vittima di un caso di maltrattamento, morto brutalmente lo scorso 20 marzo 2020; oggi, a distanza di due anni, arriva la sentenza definita che non riporterà in vita il cane, ma che forse può permettere di affermare che giustizia è stata fatta.
Ai tempi del brutale maltrattamento che portò alla morte del cane Lillo, Oipa si era dichiarata parte civile insieme alla proprietaria del povero quattro zampe. A compiere il gesto agghiacciante un uomo che, tra l’alto, pare fosse già noto alle forze dell’ordine.
Oggi, ad oltre due anni da quel 20 marzo 2020, arriva la sentenza definitiva che potrebbe far pensare a giustizia fatta per il povero cane. Nel frattempo, l’Organizzazione Internazionale Protezioni Animali chiede che le pene, per chi si macchia di colpe quali maltrattamento e uccisione di animali, siano inasprite.
In una nota ufficiale Oipa fa sapere che l’uomo artefice della morte di Lillo fosse già noto alle forze dell’ordine con precedenti per porto e detenzioni di armi; “Una vicenda – secondo quanto affermano da Oipa – che conferma come la violenza contro gli animali sia indice di violenza sociale“. Ma dopo più di due anni, il colpevole dovrà pagare per il delitto commesso; scrive l’Organizzazione Internazionale Protezione Animali, infatti, che il Tribunale ha stabilito una condanna in via definitiva a due anni e sei mesi di reclusione, alla multa di 7.333 euro e al risarcimento del danno in favore delle parti civili.
Il fatto risale al 20 marzo del 2020 quando, dopo ripetuti atti di maltrattamento, l’uomo avrebbe buttato il povero Lillo in burrone; oggi, la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso proposto dall’imputato contro la sentenza di primo grado del Tribunale di Locri, confermata dalla Corte di Appello di Reggio Calabria. Scrive ancora Oipa che a carico dell’uomo ci sarebbero due i capi d’imputazione: detenzione illegale di arma e uccisione di animale; quest’ultimo reato previsto e punito dall’articolo 544 bis del Codice penale. A risultare fondamentale nell’elaborazione della sentenza definitiva anche le identificazioni effettuate da alcuni testimoni.
Il corpo di Lillo, all’epoca del tragico fatto, era stato trovato dopo qualche giorno; ricoperto di pallini e con le zampe legate. Una scena agghiacciante che porta a ricordare quanto ancora le pene per il maltrattamento degli animali esigono di essere inasprite e applicate con convinzione. “Sono pene troppo lievi quelle per i delitti contri gli animali, lo ripetiamo da tempo – commenta il presidente dell’Oipa, Massimo Comparotto – Occorre una tutela più incisiva per gli animali, che ancora non ricevono una copertura legislativa diretta non essendo loro riconosciuta soggettività giuridica“.
E sottolineando ancora la relazione tra violenza verso gli animali e violenza sociale, Comparotto prosegue: “Auspichiamo un inasprimento per le pene riguardanti il maltrattamento e l’uccisione di animali, anzitutto per l’esigenza di una loro piena tutela; ma anche perché studi scientifici attestano la correlazione tra la crudeltà sugli animali e la più generale pericolosità sociale di chi la commette“. Infine, l’Oipa, che ha partecipato ai lavori per la modifica del Codice Penale affinché i reati contro chi maltratta gli animali siano puniti più duramente, continuerà in questo impegno per una giustizia più giusta che colpisca chi incrudelisce sugli animali; anche in considerazione del recente inserimento della tutela degli animali in Costituzione. Un aspetto, quest’ultimo che esplica il desiderio di un Stato di prendersi cura di tutti gli indifesi, animali compresi.
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