L’Oipa protesta contro l’approvazione da parte della Regione Lazio del piano per il contenimento dei cinghiali e della peste suina; la Giunta Zingaretti avrebbe varato il provvedimento che prevede misure definite dall’Organizzazione Internazionale: ascientifiche, cruente e non etiche.
“Le vere soluzioni sono altrove“, protesta la sezione Oipa Italia dopo la decisione della Giunta Zingaretti di approvare il piano di contenimento previsto per i cinghiali e la peste suina. Un provvedimento approvato nel Lazio, descritto dall’Organizzazione come “Ascientifico, cruento e non etico“, oltre che un modo per ‘liberare’ i cacciatori all’interno dei parchi protetti.
Così l’organizzazione animalista protesta dopo la decisione per ridurre il numero di cinghiali varata nella Regione Lazio. “Dopo l’ordinanza commissariale si è ragionato solo su come sguinzagliare i cacciatori fuori e dentro i parchi protetti. Provvedimento che fa il paio con la delibera di Giunta n.9/19“; così si esprime Oipa spiegando l’insensatezza e l’immoralità, a parer suo, di questa misura.
Dopo i primi casi di peste suina nel Lazio, l’Oipa si era espressa a sfavore delle proposte di adoperare la caccia come unica misura di contenimento dell’epidemia; provvedimento che non solo avrebbe previsto una strage di cinghiali ma, come spiega l’Organizzazione Internazionale, non avrebbe fatto altro che alterare il problema. E anche adesso, dopo l’approvazione da parte della Giunta Zingaretti del Piano per la riduzione del numero dei cinghiali, Oipa torna a ribadire alcuni concetti forti. “Un provvedimento esecrabile e miope che preferisce la caccia, il sangue, a ogni soluzione etica. Si fa fuoco su esseri viventi senza neppure ascoltare la scienza“.
Come infatti ha voluto specificare l’Organizzazione Internazionale Protezione Animali, un parere degli esperti dall’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa) avrebbe affermato che la caccia non è uno strumento efficace contro la riduzione del numero di cinghiali. Riportando anche il pare dell’Ispra, inoltre, si apprende che sarebbe opportuno: “Sospendere qualsiasi tipo di attività venatoria nella zona infetta da peste suina africana poiché si tratta di attività che comportano un duplice rischio; la movimentazione di cinghiali potenzialmente infetti sul territorio e la diffusione involontaria del virus attraverso calzature, indumenti, attrezzature e veicoli“.
“All’indomani dell’ordinanza del commissario straordinario per l’emergenza peste suina, si è ragionato solo su come sguinzagliare i cacciatori fuori e dentro i parchi protetti; invece, per esempio, d’introdurre una raccolta rifiuti porta a porta nel quadrante nord di Roma, dove ancora cumuli di spazzatura giacciono sotto i cassonetti“; questo il commento della delegata Oipa di Roma , Rita Corboli, che sottolinea come l’emergenza rifiuti che imperversa nella Capitale sia la causa primaria del diffondersi dei cinghiali nei pressi dei centri abitati. La delegata Oipa sottolinea, a tal proposito: “I cinghiali non entrano nell’abitato nelle zone dove funziona la raccolta a domicilio. Si consideri l’esempio di alcune zone del Municipio Roma 10, accanto alla Tenuta presidenziale di Castelporziano; o, fuori Roma, la cittadina di Bracciano, proprio all’interno di un parco protetto“.
Secondo il pensiero di Oipa la delibera per il contenimento appena approvata si aggiunge alla delibera che approvava il Protocollo d’Intesa; accordo tra Regione Lazio, Roma Capitale e Città metropolitana di Roma per la gestione del cinghiale nel territorio di Roma Capitale. Tale provvedimento prevedeva che questa forma di contenimento potesse essere attuata sia di giorno che di notte e in ogni stagione; compresa la stagione riproduttiva quando molti cuccioli non sono ancora stati svezzati. Una misura, dunque, che non solo mette fine alla vita delle madri, ma anche dei piccoli ungulati. Infine, Oipa ricorda che i cinghiali presenti nel territorio, più grandi e prolifici degli autoctoni, sono stati introdotti dai paesi dell’Est Europa a “uso e consumo” dei cacciatori; dunque, il contenimento forzato non sarebbe altro che una derivazione di un problema che i cacciatori stessi hanno determinato.
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