In Sardegna gli esemplari di cervo sembrano aver superato il migliaio; questo pare inizi a procurare danni a livello territoriale. Da qui la proposta avanzata dal sindaco di Laconi (Oristano), Salvatore Argiolas, di abbatterli e servirli nei menù dei ristoranti come piatti tipici. Tuttavia, l’idea non è passata inosservata alle associazioni animaliste che, oltre ad essersi indignate, hanno ricordato che i cervi appartengono ad una specie protetta. Da parte sua, però, il primo cittadino avrebbe spiegato all’Agi come la “situazione sarebbe diventata ingestibile“; a detta del sindaco, infatti, “gli animali non sarebbero più confinati in un’area recintata, ma liberi di spostarsi non solo nelle montagne, ma di arrivare anche fino al centro del paese“.
Le alternative all’abbattimento dei cervi
Secondo quanto si apprende il sindaco avrebbe ammesso ad Agi: “Io ho solo fatto una proposta“; spiegando che se si dovesse trattare dell’unica soluzione possibile, potrebbe essere usata, a sua detta, come una risorsa. Per addurre motivazioni valide alla sua proposta il primo cittadino avrebbe spiegato: “Capita che mi chiamino al telefono, a tarda notte, per incidenti d’auto causati dall’attraversamento improvviso di cervi in mezzo alla strada e, oltre al danno dell’automobilista, mi ritrovo anche ad avere delle spese per smaltire la carcassa dell’animale“.
Spiegazioni che, tuttavia, non sono sembrate convincenti agli animalisti; come ha specificato il portavoce di Grig, Stefano Deliperi: “I cervi sardi, pure a Laconi, non sono proprietà del Comune“. Il rappresentate animalista ha ricordato, inoltre, che la specie è protetta dalla Convenzione internazionale di Berna. Secondo la proposta di Stefano Deliperi, per trasformare la presenza di cervi in una risorsa, l’alternativa all’abbattimento sarebbe: “formare guide naturalistiche per portare i turisti a fotografare i cervi sardi sia nel parco Aymerich, sia nei pochi della zona“. Rispetto agli animali ritenuti in “eccesso“, il portavoce di Grig suggerisce di trasferirli in altre aree naturalmente vocate e “già individuate dagli atti di programmazione regionale“; tutto con il supporto tecnico-scientifico dell’Ispra, del Corpo forestale e di vigilanza ambientale e dell’agenzia Forestas.
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