Sono da sempre il simbolo delle specie in via d’estinzione, tanto che il WWF, la più grande organizzazione mondiale per la conservazione della natura e delle specie animali in pericolo, lo ha ‘adottato’ come logo ufficiale; stiamo parlando dei panda, che da decenni appartengono alla lista rossa delle specie in via d’estinzione con 1.800 esemplari, oggi, esistenti in natura. Eppure, nonostante rimanga una specie vulnerabile, il panda gigante è fuori, al momento, dal rischio estinzione.
A ‘estromettere’ i panda dalla lista rossa delle specie in via d’estinzione sono le autorità cinesi; si è considerato il numero degli esemplari raggiunti in natura (1.800) un motivo valido ad allontanare il rischio estinzione da questa specie di orsi. Minacciati, soprattutto, dall’impoverimento dei loro habitat, questi animali, il cui nome scientifico è Ailuropoda melanoleuca, dal greco antico, letteralmente ‘piede di gatto – nero bianco‘, appartengono ancora alle specie protette, ma il loro grado di rischio per la sopravvivenza sembra essersi notevolmente ridotto.
Già dal 2016 l’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (IUCN), che si occupa di classificare le specie in pericolo, aveva rimosso i panda giganti dalla lista rossa degli animali a rischio estinzione. L’IUCN aveva stabilito che queste creature potevano essere considerate vulnerabili, ma non più minacciate per la sopravvivenza; all’epoca da Pechino era arrivata una contestazione all’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura. Secondo le autorità cinesi, infatti, l’estromissione dei panda dalla lista rossa poteva indurre a diminuire gli sforzi per conservazione della specie; a distanza di cinque anni, però, anche il Ministero dell’Ecologia e l’Ambiente approva il procedimento.
Secondo quanto si apprende dallla Bbc, Cui Shuhong, ministro per l’ecologia e l’ambiente, avrebbe affermato: “La nuova classificazione riflette le loro migliorate condizioni di vita grazie agli sforzi di lunga durata per la loro conservazione, inclusa l’espansione dell’habitat“. Resta implicito, tuttavia, il fatto che 1800 esemplari non siano un numero esorbitante; proprio per questo non bisogna abbassare la guardia e continuare, piuttosto, a preservare la specie.
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