In Italia sono milioni gli uccelli selvatici che ogni anno sono uccisi dal bracconaggio. A fare una stima precisa è la LIPU che denuncia diversi fenomeni illegali in diverse parti del Paese. A finire vittima dei bracconieri anche moltissime specie protette e a rischio estinzione.
È ancora largamente esteso il fenomeno di bracconaggio in Italia. Sono oltre 5 milioni gli uccelli che ogni anno muoiono da un capo all’altro del Paese. Tante le specie a rischio estinzione che finiscono nel mirino dei bracconieri non curanti delle leggi a tutela di questi esemplari. A consegnare la drammatica stima è la Lega Italiana Protezione Uccelli (LIPU).
Una legge, entrata in vigore nel febbraio del 1992, stabilisce il bracconaggio come attività illegale. “La fauna selvatica è patrimonio indisponibile dello Stato ed è tutelata nell’interesse della comunità nazionale ed internazionale. Lo Stato adotta le misure necessarie per mantenere o adeguare le popolazioni di tutte le specie di uccelli“; ma questo non sembra colpire i bracconieri.
Il bracconaggio in Italia
Come recita ancora la legge del 1992: “L’esercizio dell’attività venatoria è consentito purché non contrasti con l’esigenza di conservazione della fauna“. Inoltre, solo in Italia esistono ben 98 specie di uccelli a rischio estinzione per le quali sono previste misure di tutela ancora più specifiche. Ma, nonostante questi volatili non potrebbero essere né catturati né uccisi, il bracconaggio sembra una piaga che non si arresta in tutto il Paese. A finire nel mirino dei bracconieri uccelli canori (merli o allodole) catturati per essere utilizzati come richiami vivi nella caccia di altri animali. Catturati anche i rapaci (gufi o falchi) per i quali spesso la fine è quella di un macabro trofeo di caccia. Esercizio sportivo è, invece, la caccia alla rondine; uccelli veloci e difficili da colpire mettono alla prova i più spietati cacciatori.
E vittime del bracconaggio anche specie molto rare; persino quei volatili per i quali la Comunità Europea finanzia progetti di ripopolamento. Per fare un esempio, tra le vittime anche l’Ibis Eremita che, ad oggi, è tra le principali specie protette cacciate in Italia. Gli uccelli che cadono nel mirino dei bracconieri si trovano in tutto il Paese, ma esistono aree in cui il fenomeno appare più esteso. Come avrebbe individuato la LIPU: le Prealpi lombardo-venete, il Delta del Po, le coste pugliesi, le coste pontino-campane, lo Stretto di Messina, la Sicilia occidentale e la Sardegna meridionale sarebbero i luoghi nei quali si stima il 50% delle vittime. Ad essere terrificanti sono anche le pratiche connesse alle uccisioni. Allodole accecate, pettirossi appesi a testa in giù con le ossa rotte o tordi strozzati da lacci di plastica sottili. Sofferenze indicibili contro le quali gli animalisti non smettono di battersi.