Nella città di Torino, sono diventate sempre più frequenti le segnalazioni, che denunciano casi di cani avvelanati con il cibo. Il capoluogo piemontese lancia l’allarme delle “polpette avvelenate”. La Regione, interviene praticamente per garantire maggiore tutela agli animali. I più colpiti sono i cani randagi, che in questo caso risultano essere i più a rischio da avvelenamento volontario. Il gesto inaccettabile, è fatto contro animali sgraditi ad alcune persone. I casi di avvelenamento e maltrattamento dei cani si sono fatti sempre più intensi; sono giunte segnalazioni direttamente alla Polizia Municipale della Città di Torino.
Per ovviare al diffondersi di casi sempre più frequenti e soprattutto, per far si che nessun cane, debba più perire, contro la cattiveria di certi esseri umani intolleranti; il Servizio Tutela Fauna e Flora della Città Metropolitana di Torino ha disposto da qualche tempo di un’unità cinofila antiveleno. Questa unità speciale è composta dall’istruttore direttivo di vigilanza Carlo Geymonat e dal cane pastore australiano Myrtille. Inoltre, l’attività dell’unità cinofila antiveleno si svolge in collaborazione con il Gruppo Cinofilo Antiveleno regionale.
Avvelenare i cani è un reato
Martedì 13 novembre, nel pomeriggio, si sono svolte alcune esercitazioni dell’unità cinofila in aree verdi della città di Torino. Le esercitazioni hanno avuto luogo per testare la capacità del cane di riconoscere con il suo fiuto molto sensibile eventuali bocconi avvelenati. La consigliera metropolitana, delegata alla tutela della fauna e della flora, Barbara Azzarà, sottolinea: “Oltre ad essere un metodo molto scorretto di soluzione di un eventuale problema di convivenza tra animali e uomo, l’abbandono di esche e bocconi avvelenati è un reato”.
L’ordinanza Ministeriale
Per chi ancora per caso, non ne fosse a conoscenza, esiste infatti un’Ordinanza del Ministero della Salute del 13 giugno 2016. Quest’ordinanza è chiamata infatti: Norme sul divieto di utilizzo e di detenzione di esche o di bocconi avvelenati. Secondo la legge è previsto infatti, che il proprietario o il responsabile dell’animale deceduto a causa di esche o bocconi avvelenati o che abbia manifestato una sintomatologia riferibile ad avvelenamento deve segnalare l’episodio ad un medico veterinario. Non solo, nel momento in cui il veterinario, diagnostica il caso di avvelenamento, il medico deve immediatamente darne comunicazione al Sindaco del Comune in cui l’episodio di presunto avvelenamento è avvenuto, al Servizio Veterinario dell’Asl e all’Istituto Zooprofilattico Sperimentale competenti per territorio.
Le procedure per allargare l’unità cinofila antiveleno
L’iniziativa di istituire un’unità cinofila, specializzata verso i casi di avvelenamento, è stata colta con grande entusiasmo. Il punto focale, consiste adesso nel poter riuscire ad allargare quest’unità, in modo da poter garantire una copertura territoriale più grande. Tuttavia è importante sapere che, in un’unità cinofila antiveleno l’affiatamento tra uomo e cane scaturisce da un processo lungo e difficile, che richiede un costante allenamento. Proprio per questo la Regione Piemonte, ha fatto in modo che l’attività rientri tra quelle programmate nell’ambito del progetto LIFE Wolfalps per il monitoraggio della presenza del Lupo nelle Alpi. In questo modo, si potranno moltiplicare le unità specializzate e sarà più facile aiutare i cani vittime di esseri umani insensibili.