Animali contano e parlano: la storia di Hans il cavallo matematico e il nuovo studio anche su elefanti e scimpanzé
Circa un anno fa, la storia di Hans, il cavallo che sapeva contare, ha riacceso l’interesse per le capacità cognitive degli animali. Tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, questo equino straordinario aveva stupito il mondo con la sua abilità nel risolvere operazioni matematiche complesse, utilizzando i colpi di zoccolo per comunicare le risposte.
La sua fama divenne talmente grande che persino figure di spicco come il ministro dell’Istruzione prussiano e il zoologo Karl Moebius si mostrarono increduli davanti alle sue prestazioni.
Di fronte a tanta meraviglia, nacquero dubbi sulla genuinità delle capacità di Hans. Il ministero dell’Istruzione prussiana istituì una commissione per indagare se ci fosse una truffa dietro le dimostrazioni del cavallo. Wilhelm von Osten, proprietario ed educatore di Hans, fu sottoposto a scrutinio ma nessuna prova fu trovata a suo carico.
Tuttavia, emerse che l’intelligenza mostrata da Hans non era legata alla matematica ma piuttosto alla sua sensibilità nel percepire i segnali involontari degli umani.
Oskar Pfungst fu lo studioso che mise in luce come Hans fosse in grado di leggere i segnali involontari dei suoi interlocutori per fermarsi al numero corretto durante le dimostrazioni. Questa scoperta anticipò l’importanza dell’intelligenza emotiva e della comunicazione non verbale negli animali, aprendo nuovi orizzonti nella comprensione delle loro capacità cognitive.
Non solo Hans ma anche altri cavalli come Muhamed e Zarif dimostrarono abilità numeriche sorprendenti grazie all’educazione ricevuta dai loro proprietari. Questi casi contribuirono a consolidare la convinzione nelle straordinarie potenzialità intellettive degli animali.
Il fenomeno osservato con Hans ha trovato un parallelo moderno nel cosiddetto “effetto AIcebo”, termine coniato per descrivere come le aspettative umane possano influenzare la percezione delle capacità intellettive delle macchine. Questa riflessione sottolinea quanto sia importante considerare il ruolo delle aspettative nella valutazione dell’intelligenza, sia essa animale o artificiale.
Recentemente gli elefanti africani hanno aggiunto un nuovo capitolo alla discussione sulle capacità comunicative degli animali. Uno studio pubblicato su Nature ha rivelato che questi mammiferi usano “nomi” specifici per chiamarsi tra loro, evidenziando un livello avanzato di consapevolezza sociale e cognitiva.
Queste storie affascinanti sugli animali – dal cavallo matematico agli elefanti che si chiamano per nome – aprono finestre stupefacenti sulle potenzialità cognitive del mondo animale. Dimostrano quanto ancora ci sia da scoprire sulle menti non umane e invitano a riflettere sulla profondità dei nostri legami interspecie.
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