Taiji, Giappone: inizia la crudele caccia ai delfini. Una pratica tremenda che continua imperterrita nonostante tutto
Arpioni, esemplari che tentano disperatamente di sfuggire alla morte rimanendo intrappolati nelle reti, acque che si tingono di un rosso cupo. A Taiji, una piccola cittadina situata nella prefettura di Wakayama in Giappone, ha preso il via l’annuale e sanguinosa caccia ai delfini.
Oltre dieci pescherecci dell’associazione Taiji Isana hanno lasciato il porto all’alba per iniziare la loro macabra raccolta, mentre alcuni manifestanti si sono radunati al porto per esprimere il loro dissenso.
Quest’anno, l’inizio della stagione di caccia è stato posticipato a causa del passaggio della tempesta tropicale Shanshan che ha arrecato danni e causato ritardi lo scorso fine settimana. Nonostante ciò, dal 1° settembre – data tradizionalmente associata all’avvio della strage – i preparativi erano già in corso e oggi segna un giorno funesto con la morte di numerosi delfini.
Secondo quanto riportato dai media locali giapponesi, sono circa 1800 i cetacei appartenenti a nove diverse specie destinati alla cattura. Questa pratica barbara autorizzata dalla Japan Fisheries Agency si protrarrà per sei mesi durante i quali centinaia di delfini verranno uccisi lungo la costa o selezionati per essere venduti ad acquari e parchi tematici. Le carcasse saranno poi processate in strutture specializzate lontane dagli occhi del pubblico e la carne sarà commercializzata.
Nonostante gli sforzi delle autorità locali di impedire le riprese e soffocare le proteste, diversi attivisti sono riusciti a documentare gli orrori perpetrati a Taiji. Il documentario “The Cove”, vincitore dell’Oscar nel 2010 come miglior documentario, ha attirato l’attenzione internazionale su questa pratica crudele ancora oggi permessa nonostante le proteste globali suscitate.
La prefettura di Wakayama difende questa pratica descrivendola come parte integrante della cultura tradizionale della regione Kinan ed enfatizza il suo svolgimento in conformità con le leggi vigenti al fine di contribuire alla gestione scientifica delle risorse marine. Tuttavia, organizzazioni come Dolphin Project continuano a denunciare i rischi che questa attività comporta non solo per i cetacei ma anche per l’ecosistema marino e la salute umana.
La carne di delfino non è considerata necessaria al sostentamento alimentare della popolazione locale; anzi rappresenta un rischio sanitario data l’elevata concentrazione di mercurio presente nei tessuti dei cetacei. Dal 2003 Dolphin Project lavora attivamente per sensibilizzare l’opinione pubblica sulla questione Taiji promuovendo campagne contro questa pratica disumana.
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