La paura nei cani è un’emozione complessa che può manifestarsi in vari modi e per svariate ragioni. Comprendere i segnali che indicano che il nostro amico a quattro zampe sta provando paura è fondamentale per poter intervenire in modo adeguato, offrendogli il supporto di cui ha bisogno.
Quando si parla di paura nei cani, spesso ci viene consigliato di ignorare l’animale per non rinforzare la sua ansia. Tuttavia, questa raccomandazione sembra andare contro l’istinto naturale di molti proprietari di dare conforto al proprio cane spaventato. La questione solleva dubbi: ignorare è davvero la strategia migliore?
Contrariamente a quanto si possa pensare, confortare un cane spaventato non rinforza la sua paura. Questa idea errata deriva da una interpretazione superficiale dei principi della psicologia comportamentista, secondo cui ogni azione può essere vista come un rinforzo o una punizione. Tuttavia, gli esperti del comportamento animale chiariscono che è impossibile rinforzare direttamente un’emozione come la paura attraverso il conforto fisico o emotivo.
Il contatto fisico e il conforto sono risposte naturalmente radicate nell’essere umano quando si tratta di interagire con un essere vivente spaventato, sia esso umano o animale. Questa tendenza ha radici profonde nella biologia dei mammiferi: cercare protezione e vicinanza in momenti di paura è un comportamento istintivo che favorisce il rilascio dell’ossitocina, noto anche come l'”ormone dell’amore”.
Uno degli errori più comuni commessi dai proprietari – quando cercano di aiutare i loro cani a superare momenti di ansia – è quello di trasmettere involontariamente ulteriore ansia all’animale. Le emozioni possono essere contagiose tra specie diverse; quindi, se il proprietario reagisce con panico o nervosismo alla paura del cane, quest’ultimo potrebbe percepire tali emozioni e la situazione peggiorerebbe inevitabilmente. Il modo migliore per assistere un cane durante episodi di paura consiste nel rimanere calmi ed equilibrati. Offrire al cane uno spazio sicuro dove rifugiarsi senza forzarlo né ignorarlo completamente può fare una grande differenza nella sua capacità di gestire lo stress e superarlo efficacemente.
Un esempio significativo riguardante le manifestazioni della ricerca d’aiuto in presenza della solitudine viene dal comportamento notturno dei cuccioli, lasciati soli dopo essere stati separati dalla madre o dalla cucciolata. Piangono non solo perché hanno bisogni fisici insoddisfatti, ma anche perché cercano conferma della presenza rassicurante dei loro genitori. Ascoltando attivamente le richieste d’aiuto espresse dal cucciolo – attraverso il suo pianto notturno – e intervenendo prontamente, dimostriamo affidabilità e costruiamo quella “base sicura” necessaria affinché crescano individui psicologicamente stabili ed equilibrati sia nel mondo animale che umano.
Curiosamente, imparando ad ascoltate ed interpretare correttamente i segnali d’aiuto inviatici dai nostri amici animali, miglioriamo parallelamente anche le nostre competenze empatiche verso gli altri esseri umani – inclusi i nostri figli – diventando genitori migliori. L’apprendimento dall’esempio fornito dalla relazione uomo-cane ci mostra quanto sia importante mantenere aperti i canali comunicativi dell’ascolto attivo dell’empatia reciproca, al fine di costruire relazioni sane basate sulla fiducia reciproca. Attraversando insieme le tempeste emotive cresciamo, diventiamo più forti, più saggi più uniti.
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