Dopo cento anni dalla sua eroica impresa uno studio ha individuato il genoma di Balto, il cane eroe che salvò l’Alaska da un’epidemia di difterite che aveva colpito soprattutto i bambini.
Reso famoso dalle sue eroiche gesta, le imprese di Balto sono state raccontate anche nel film Disney che porta il suo nome. Oggi, a distanza di 100 anni, finalmente uno studio ha individuato il suo corredo genetico. Finalmente si scopre la razza del quattro zampe eroe che salvò l’Alaska da una mortale epidemia di difterite, partita dalla città di Nome. “Non è un cane, non è un lupo. Sa soltanto quello che non è“, recita una celebre frase del film d’animazione che lo vede protagonista. Ora potremmo dare un’identità genetica anche a Balto.
Ecco chi era Balto
La Corsa del siero ha reso eroi molti cani. Nel 1925, infatti, una muta di cani da slitta ha attraversato l’Alaska per portare una scorta di medicine anti-difterite nella città di Nome. Balto, in particolare, era il cane guida dell’ultima salvifica tappa di quel viaggio. Dal 1933, anno in cui questo eroe a quattro zampe è morto, Balto riposa imbalsamato nel Cleveland Museum of Natural History. Proprio qui, un team dello Zoonomia Project (un progetto internazionale di sequenziamento del genoma di 240 specie di mammiferi) ha deciso di prelevare un campione organico del cane.
Il campione è servito per ricostruire il genoma, smentendo così alcuni luoghi comuni costruiti attorno al quattro zampe. I risultati dello studio si trovano su Science. Balto è certamente un eroe, ma fu solo uno dei 150 cani da slitta coinvolti nella Corsa del siero. I quattro zampe impegnati in questo nobile compito partirono da Anchorage in direzione Nome. Essendo pieno inverno, infatti, il porto di Nome era bloccato dal ghiaccio. E anche l’unico aereo a disposizione era stato messo fuori uso dal ghiaccio. Così si decise per una staffetta di cani.
Un cane a tutti gli effetti
Balto fu a capo dell’ultima spedizione, ma il siero viaggiò per 1.000 km percorsi dai cani in sei giorni: dal 27 gennaio al 1 febbraio 1925. Una corsa che spesso sfiorava i -20°C e i venti che peggioravano una condizione climatica già fortemente estrema. Probabilmente, anche a causa di queste situazioni estreme a cui i cani furono sottoposti si pensò che Balto non fosse un cane normale, ma metà lupo e metà cane. Tuttavia, la recente analisi ha dato una risposta a questa domanda. Balto era un cane a tutti gli effetti.
Ma, non era un Husky siberiano di razza pura, come sosteneva chi l’aveva allevato. Nel DNA analizzato si trovano, infatti, tracce di cani da slitta dell’Alaska e della Groenlandia e anche di Mastino Tibetano. Fu l’insieme di tutte queste caratteristiche genetiche, con molta probabilità, a permettere a Balto di sopravvivere alle condizioni climatiche estreme. I ricercatori sostengono che aveva un pelo a doppio strato che lo isolava con efficacia, la pelle più spessa e la capacità di digerire l’amido, poco presente nei lupi. Questo studio, ovviamente, oltre a darci una risposta concreta su questo eroico cane, ci dimostra la possibilità di effettuare studi efficaci anche su esemplari secolari, ma oggi poco conosciuti.