Impossibile negarlo, tra i luoghi comuni più diffusi c’è quello di paragonare la stupidità all’intelligenza degli asini. “Stupido come un asino”, infatti, è una frase molto usata. Tuttavia, quanto di vero ci sia in questa frase resta dubbio. A tal proposito, dunque, scopriamo le origini di questo modo di dire (forse un po’ errato).
“Sei stupido come un asino” chi non si è sentito appellare mai in questo modo? Eppure sarebbe interessante capire quanto di vero ci sia in questa affermazione non poco denigrante. Se paragonare alcune qualità umane a caratteristiche specifiche di certi animali è un’operazione piuttosto consueta, è anche vero che questo non sempre rende giustizia alle creature. Molto spesso, infatti, sono solo false credenze a diffondere idee piuttosto errate.
La volpe è furba, la lince ha una vista impeccabile, tanti felini corrono più veloci di altri animali e gli asini? Sono davvero i più ‘stupidi’ del mondo animale? La prima è ovvia risposta è “no”. Questa idea dell’asino stupido e cocciuto nasce forse dal fatto che rispetto al cugino equino, il cavallo, si tratta di animali più lenti. Considerato, dunque, più testardo solo perché più restio al movimento. Inoltre, nel Medioevo si credeva che l’asino non fosse un animale spirituale in grado di guardare il cielo, e che fosse un animale destinato solo alla terra e quindi al lavoro. Questo derivato dal fatto che la forma dei loro occhi non gli consenta, forse, di porgere lo sguardo verso l’alto.
A non agevolare la reputazione dell’asino, anche la sua vocalizzazione. Infatti, il raglio è considerato un verso piuttosto stridente e associato, persino, alla risata di un ubriaco. Così nel 1700, difatti, lo descrivevano alcuni scritti. Proprio per confutare questa tesi errata, ci piace ricordare come ad esempio nel Cristianesimo l’asino goda di un posto privilegiato, in quanto si trova con Gesù nella mangiatoia alla sua nascita. Inoltre, attualizzando il valore dell’asino, possiamo ricordare il ruolo importante che questi animali svolgono nella Pet Therapy. Dotati di estrema sensibilità, infatti, sono particolarmente portati all’interazione con l’essere umano. Tutto fuorché stupidi, dunque.
E che dire del suo raglio? Altro che fastidioso. Si tratta di un verso evolutosi per riuscire a comunicare in spazi molto ampi come i deserti, dove possono vivere. Un suono intenso, quindi, anche per sentirsi da diversi km di distanza. Per quanto riguarda la conservazione di questa specie è utile chiarire che l’asino domestico non è a rischio, rispetto a quello selvatico africano che si trova invece, come chiarisce anche la IUCN, in pericolo critico.
Infatti, per proteggere l’asino selvatico africano sono stati istituiti diversi parchi nazionali, come, ad esempio, il parco nazionale di Yangudi-Rassa o la riserva dell’Asino selvatico di Mille-Serdo entrambi in Etiopia. Ad oggi non esistono particolari sforzi di conservazione per garantire la tutela di questa specie a livello mondiale. Per tutelarla, dunque, si possono sostenere centri che li ospitano. Ma soprattutto, impariamo a rispettare ogni creatura e impariamo a liberarci da inutili pregiudizi che alimentano false concezioni.
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