Secondo un nuovo studio la presenza di plastica in mare risulta in grado di provocare danni importanti alla salute degli uccelli marini. L’inquinamento, infatti, comporterebbe un effetto collaterale fisico che si presenta come una vera e propria malattia.
L’inquinamento da plastica in mare è un problema su cui diverse ricerche scientifiche si soffermano per illustrare le conseguenze che la presenza di questo materiale è in grado di causare alla flora e alla fauna marina. Ad essere colpiti non solo pesci, spugne, coralli e crostacei, ma anche gli uccelli marini per i quali l’acqua rappresenta l’habitat naturale. Un recente studio in merito avrebbe dimostrato come la plastica sia la potenziale causa di una malattia nell’avifauna acquatica. Tale patologia è stata chiamata “plasticosi” e si presenta come un particolare tipo di fibrosi estremamente pericoloso per gli uccelli.
Tale malattia sarebbe derivata dalla quantità di rifiuti in plastica che gli uccelli marini ingeriscono ignari. L’inquinamento da plastica ha raggiunto proporzioni oltre il limite e questo è evidente nelle isole galleggianti, ma anche nelle molteplici ferite (e nei casi più gravi, ma purtroppo non rari, morti) che i rifiuti provocano alla fauna. Tra le vittime più colpite da questo fenomeno drammatico gli uccelli marini. Come hanno spiegato gli scienziati del Natural History Museum di Londra la patologia sopracitata esiste effettivamente. Lo studio che rivela nel dettaglio questa scoperta preoccupante è stato pubblicato sulla rivista Journal of Hazardous Materials.
Nello studio i ricercatori hanno osservato in particolare gli esemplari di berta piedicarnicini, conosciuti con il nome scientifico di Ardenna carneipes. Gli esemplari studiati si trovano nell’isola di Lord Howe, in Australia. Qui i ricercatori hanno osservato come proprio la plastica ingerita dagli uccelli marini abbia provocato la formazione di tessuto cicatriziale nello stomaco dei volatili. Constatazione effettuata tramite la grande presenza di collagene che componeva in gran parte il tessuto cicatriziale. La presenza di plastica, oltre alla formazione del tessuto era associata anche ad ampie modifiche nello stomaco degli animali e alla perdita della struttura tissutale all’interno della mucosa e della sottomucosa. Questo quanto riportato dagli esperti.
Gli scienziati hanno poi valutato altri elementi che potrebbero giustificare la malattia, e tra questi è stata presa in considerazione la pietra pomice. Tuttavia, come hanno tenuto a precisare gli esperti, questo materiale non è in grado di procurare cicatrici del tipo riscontrato. Il tessuto formatosi dipende, con molta probabilità, da una patologia cronica. Tanto che negli uccelli marini osservati sono stati riscontrati cambiamenti importanti e potenzialmente irreversibili nella struttura e nella funzione dei tessuti.
Modifiche mai registrate fino ad ora. E se il livello di plastica ingerito da altri animali come ad esempio le balene risulta già estremamente preoccupante, la plasticosi non appare più rassicurante. Questa malattia, infatti, sembra in grado di procurare danni permanenti, interferendo anche nella capacità di assimilare i nutrienti per l’animale colpito. Dunque, la preoccupazione scaturita da questa nuova scoperta è che tale patologia possa interferire nella sopravvivenza della specie. E che, inoltre, possa colpire indistintamente anche altri animali.
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