Secondo una nota stampa ufficiale diffusa da Oipa, una nuova petizione ha raccolto 1,7 milioni di firme contro le pellicce in Europa. Le persone chiedono una moda cruelity-free e quindi il divieto degli allevamenti in cui si trovano gli animali detenuti solo a questo scopo.
Sono oltre 1milione e 700mila i cittadini europei a chiedere lo stop definitivo alle pellicce. La richiesta alla Commissione Europea arriva chiara e si esprime contro ogni tipo di moda che non sia cruelity-free. Questo quanto si apprende da una nota stampa diffusa dall’Organizzazione Internazionale Protezione Animali. Vietare gli allevamenti di animali da pelliccia e bandire il commercio e l’importazione di pellicce e prodotti associati dal mercato europeo. A lanciare la raccolta firme, su tutti i suoi canali web, è l’Oipa che, adesso, rivela i sorprendenti risultati ottenuti in largo anticipo rispetto al previsto. L’Iniziativa dei Cittadini Europei (Ice) si sarebbe dovuta chiudere il prossimo 18 maggio 2023, ma la risposta è stata cosi grande, tanto da far chiudere la campagna in anticipo.
Come tiene a sottolineare Oipa la vita degli animali allevati per le loro pellicce è fatta di un susseguirsi di crudeltà. Allevamenti intensivi fatti da lunghe file di minuscole gabbie metalliche spoglie, talvolta senza neppure un piano d’appoggio, in cui gli animali (rigorosamente in sovrannumero) restano rinchiusi senza mai uscirne. Una condizione che porta gli animali a procurarsi gravi ferite e spesso anche automutilazioni. A fronte di svariate campagne che hanno promosso lo stile cruelity-free, l’industria delle pellicce è ormai fuori moda. Un atto di crudeltà inutile che in alcun modo tutela il benessere degli animali.
L’Organizzazione Internazionale Protezione Animali precisa tutti gli aspetti che rendono l’allevamento di animali da pelliccia un azione da abolire. Esso, infatti, si presenta innanzitutto come non etico. I complessi bisogni etologici di animali appartenenti a specie selvatiche, come per esempio volpi e visoni, allevati e sfruttati per la loro pelliccia non possono essere assolutamente soddisfatti all’interno degli allevamenti. E questo vale anche per le specie ritenute domestiche come conigli o cincillà. Inoltre, questo tipo di allevamento è poco sicuro. Come abbiamo avuto modo di appurare durante la Pandemia da Covid-19, gli allevamenti di animali da pelliccia rappresentano un rischio per la salute sia degli animali sia dell’uomo.
Allevare creature solo per le loro pellicce non è neanche sostenibile. Infatti, queste strutture intensive hanno un impatto ambientale notevole e rappresentano una seria minaccia per la biodiversità autoctona. Per esempio, il visone americano, a seguito della fuga di alcuni esemplari dagli allevamenti e che oggi è ampiamente diffuso in tutta Europa, ha impattato negativamente sulla fauna selvatica autoctona europea. Ma c’è di più. Infatti, la concia e la lavorazione delle pellicce comporta l’utilizzo di sostanze chimiche tossiche. Queste causano un grave inquinamento del suolo, tanto che questa industria è classificata come la quinta più inquinante. Il presidente dell’Oipa, Massimo Comparotto, dichiara: “Speriamo che in tempi brevi l’allevamento di animali da pelliccia e il commercio di prodotti da questo derivati diventino soltanto un brutto ricordo del passato: ora è il momento di un’Europa fur-free“.
Come ha tenuto a precisare ancora Comparotto, questo periodo storico sembra perfetto per attuare uno stop definitivo. A partire dal fatto che, oggi, l’industria delle pellicce sta affrontando una crisi economica e un’emergenza sanitaria dovuta al Covid-19, l’ultimo esempio dei focolai tra i visoni risale a pochi giorni fa. “Inoltre – spiega sempre il presidente Oipa – 12 paesi dell’Ue (Italia compresa) hanno recentemente chiesto alla Commissione Europea di esaminare le opzioni per il divieto permanente dell’allevamento di animali da pelliccia nell’Ue e di presentare una proposta legislativa per raggiungere questo obiettivo. Perché la stessa Commissione sta rivedendo la legislazione sul benessere degli animali. Revisione che offre l’opportunità d’introdurre un divieto sia sulla produzione che sul commercio di pellicce d’allevamento. Infine, perché centinaia di brand sono diventati fur-free, rispondendo alle esigenze etiche dei loro clienti“.
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