Secondo quanto affermato da un gruppo di scienziati, presto, si potrebbe parlare con cani e gatti grazie all’uso dell’intelligenza artificiale. Una nuova e sofistica versione di Google Translate potrebbe permettere, inoltre, di interpretare il canto dei delfini, il ruggito dei leoni e persino lo squittire dei roditori.
Karen Bakker, docente dell’Università della British Columbia, sembra sicura nell’affermare che presto grazie all’intelligenza artificiale sarà possibile parlare sia con gli animali (domestici e non). Come avrebbe affermato la professoressa nel suo libro The Sounds of Life: “Non possediamo ancora un dizionario del capodoglio, ma ora abbiamo gli ingredienti per crearne uno“. Secondo la ricercatrice, infatti, lo sviluppo delle tecnologie potrebbe, non solo permettere un dialogo tra specie, ma anche azzardare un tempo entro il quale questo potrà essere possibile.
Potrebbero servire appena due decenni per riuscire a parlare con cani, gatti, ma anche topi, tigri e balene grazie all’intelligenza artificiale. Come spiega sempre la dottoressa Bakker, oggi microfoni e sensori economici, resistenti e di lunga durata, sono attaccati agli alberi dell’Amazzonia, tra le rocce del Mar Artico o sul dorso dei delfini. Strumenti che consentono di monitorare il loro respiro e la loro vita. Si tratta di un flusso di dati bioacustici che, successivamente, è elaborato da algoritmi con apprendimento automatico e in grado di cogliere i suoni non udibili all’orecchio umano come infrasuoni o ultrasuoni. Tali suoni, ovviamente, assumono più senso se combinati con i comportamenti degli esseri viventi in questione.
A tal proposito, come suggerisce anche La Zampa, Zooniverse (iniziativa di ricerca Citizen Science) conta già milioni di volontari che sono in grado di raccogliere diversi tipi di dati. Come sottolinea ancora la dottoressa Karen Bakker: “La gente pensa che l’intelligenza artificiale sia una polvere magica da spargere su tutto, ma in realtà non è così che funziona. Stiamo usando l’apprendimento automatico per automatizzare e accelerare ciò che gli esseri umani stavano già facendo“. Infatti, l’intelligenza artificiale fino ad ora è stata in grado di criptare in qualche modo il codice delle balene, o di studiare i ronzii degli alveari. Ma oggi è necessario sviluppare un sistema più avanzato, che sia ‘2.0‘.
Ovvero un’intelligenza artificiale che, magari, possa essere in grado di creare un nuovo set di dati che possono derivare da immagini satellitari, registrazioni bioacustiche, sequenziamento del genoma. Come conclude la docente dell’università canadese, Karen Bakker: “L’acustica è la nuova ottica. La natura ci parla, e tra non molto potremo origliare uno stupefacente paesaggio sonoro di ‘conversazioni’ planetarie tra pipistrelli, balene, api ed elefanti, piante e barriere coralline“.
E mentre alcuni studi dimostrano come sia possibile permettere ai cani di ‘parlare’ come gli umani, questa nuova teoria scientifica mette le basi per allargare il panorama di interazioni con gli animali. Certo, in questo contesto una precisazione è d’obbligo, ovvero: se i progressi sono fondamentale per aiutare la natura, non devono essere stravolti in un mezzo per distruggerla. Quindi, se l’intelligenza artificiale potrà aiutarci a capire meglio gli animali e a sostenerli, ben venga. Se questo dovrebbe significare invadere il loro mondo, allora è opportuno tenere presenti i limiti.
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