La Suprema Corte, in merito ad una vicenda che vede protagonista un cane tenuto in garage al buio, spiega quando questo diventa reato. Le norme a tutela degli animali si fanno sempre più rigide. Agli eventi già noti in cui si è perseguibili per legge, in casi di diverse forme di maltrattamento o incuria, se ne aggiungono altri.
In merito alla vicenda che vede come protagonista un cucciolo di tre mesi, il proprietario è stato condannato alla pena di mille euro di ammenda dalla Suprema Corte. L’accusa è di aver “Detenuto l’animale in condizioni incompatibili con la sua natura e produttive di grandi sofferenze“. Questo, secondo quanto riportato da La Zampa, si legge nella sentenza. Non sono bastate le proteste dell’uomo che riportava mancanze di motivazioni concrete. Nonché l’assenza di sofferenze tangibili nel cane. Tuttavia, per la terza sezione penale, il torto dell’imputato è stato comprovato dal fatto che esistono diverse forme di maltrattamento.
Detenzione illegale di un cane
Per essere accusati di incuria nei confronti di un animale, infatti, non si deve incorrere necessariamente in fenomeni di malnutrizione, molestie fisiche o pessimo stato di salute del cane. Ma sono rilevanti anche tutte quelle condotte che incidono sulla sensibilità psico-fisica dell’animale. Qualsiasi situazione insomma, che come si legge nella sentenza, procuri: “Dolore e afflizione, compresi comportamenti colposi di abbandono e incuria“. Dalla causa, difatti, sarebbe emerso che il cucciolo di cane era detenuto in luogo chiuso con scarsa illuminazione. In uno spazio angusto di un garage, recintato da una rete metallica tra oggetti ingombranti e l’impossibilità per l’animale di potersi muovere.
Inoltre, il cane viveva tra le sue deiezioni e privo di acqua, poiché lo spazio costretto lo portava a rovesciare la ciotola. La Suprema Corte ha affermato che: “Sulla base di tale ricostruzione il giudice di merito ha ritenuto sussistenti gli elementi costitutivi della contravvenzione“. Del resto la detenzione dell’animale era incompatibile con la sua natura e causa di sofferenze per il cucciolo. Presto si potrebbe procedere anche con la confisca dell’animale. Difatti, come riporta sempre La Zampa, la Cassazione avrebbe concluso: “La motivazione del provvedimento del giudice non può essere basata sul solo rapporto di asservimento del bene rispetto al reato. Ma deve anche riguardare la circostanza che il reo reitererebbe l’attività punibile se restasse nel possesso della res, in quanto la misura, per la sua natura cautelare, tende a prevenire la commissione di nuovi reati“.
In definitiva, dunque anche nel rispetto della legge italiana che ha di recente aggiunto la tutela degli animali anche nella Costituzione, detenere gli animali in situazioni non conformi alla loro natura rappresenta un reato. E se è presumibile che ogni caso debba essere valutato e giudicato a sé stante, in questo caso siamo di fronte ad un precedente storico che getta le basi anche per situazioni analoghe in futuro. La detenzione dei cani, in maniera conforme, è un aspetto su cui molte Regioni continuano a battersi anche singolarmente. Infatti, diversi Comuni hanno vietato l’utilizzo di catene, se non in situazioni necessarie e dimostrabili. Passi avanti che presto si potrebbe estendere in tutto il Paese per una garanzia sempre più forte della tutela di tutti gli animali.