Secondo un recente studio, sarebbe stato scoperto che il più grande predatore artico non è l’orso polare. O almeno, non solo. Infatti, secondo un ricercatore dell’Università di Manitoba, sotto l’oceano avvengono sviluppi di reti trofiche molto più complicate ed importanti di quello che si possa immaginare.
A condurre lo studio sul più grande predatore artico è Rémi Amiraux, un ricercatore dell’Università di Manitoba, in Canada. L’esperto sosterebbe che, fino ad oggi, si sia data più importanza alle reti trofiche dell’Artico che si sviluppano sulle coste e poca a quelle che nascono sotto la superficie dell’oceano. Se, infatti, l’orso polare è il re indiscusso delle nevi, a capo dalla catena alimentare costiera, esiste un altro animale sottacqua che si contende degnamente il trono con il plantigrado polare.
Lo studio che rivela l’identità del più grande predatore artico è pubblicato su PNAS. In esso Amiraux e il suo team ricostruiscono, a partire da zero, le reti trofiche delle acque dell’Artico, attribuendo importanza anche alle specie che vivono sui fondali marini. Ricerca che ha permesso di scoprire che all’apice della catena alimentare dei predatori si trova una stella marina. Per chiarire il concetto di catena alimentare, è bene precisare che gli erbivori mangiano le piante, i carnivori mangiano gli erbivori, e questo fino ad arrivare ai predatori apicali. Quest’ultimi mangiano tutto, ma non sono mangiati da nessuno.
Utile precisare, inoltre, che in ogni ecosistema possono esistere più catene alimentari e che una stessa specie può appartenere a diverse catene. Questo particolare intreccio forma quella che viene definite rete trofica. Ovvero il collegamento tra tutta la materia organica e i suoi movimenti all’interno di un ecosistema. Ora, sappiamo che nella rete trofica dell’Artico il principale predatore è stato sempre l’orso polare. Tuttavia, secondo il professor Rémi Amiraux si tratta solo di un pregiudizio, ciò che scientificamente è chiamato bias. In questo caso pare si tenda a privilegiare le specie pelagiche, ovvero che vivono in mare aperto, dal plankton fino appunto agli orsi polari, ignorando quelle bentoniche, ovvero che vivono nel fondale.
Partendo dal presupposto sopracitato, il team canadese avrebbe ricostruito la rete trofica delle acque intorno a Southampton Island . Uno studio che per la prima volta ha preso in considerazione tutte le specie. E se la ricostruzione conferma l’orso polare re indiscusso della neve e predatore apicale, esiste un altro gruppo di specie con cui potrebbe dividere il suo trono. In particolare si tratta delle Pterasteridae, stelle marine che si trovano in cima a tutte le catene alimentari delle quali fanno parte.
Queste creature si nutrono di bivalvi, cetrioli di mare e spugne, tutti gruppi che, a loro volta, sono predatori di altri. In sostanza, dunque, le stelle marine artiche occupano lo stesso posto nella catena alimentare degli orsi polari. L’unica differenza consiste nella dimensione dei pasti, ma non nella posizione trofica apicale. Insomma, sembra che questo studio abbia dimostrato che anche le creature, alle quali spesso si attribuisce meno importanza, abbiano un ruolo cruciale nell’equilibrio degli ecosistemi.
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