Un interessante saggio svela una forma di ‘femminismo animale’. Ovvero spiega in quali specie a comandare sono le donne. Infatti, in natura, come spiega la biologa Lucy Cooke, non sempre gli esemplari maschi rappresentano il sesso dominante. I casi di ‘girl power’ sembrano essere svariati.
A differenza di quanto si possa immaginare, in natura le donne non rappresentano sempre il ‘sesso debole‘. Esistono specie, infatti, in qui gli esemplari femmine sono più ‘potenti’ e autoritarie rispetto ai maschi, svelando una sorta di ‘femminismo animale‘. Questo quanto spiegato in un interessante saggio della biologa Lucy Cooke che rivela diversi esempi di ‘girl power’. Diverse le femmine più determinate e intraprendenti; e tante, addirittura, sembrano ricorrere persino all’intimidazione fisica.
Le curiosità del ‘femminismo animale’
Nel saggio, dal titolo provocatorio, di Lucy Cooke un singolare paragone tra diverse specie animali. Bitch: a Revolutionary Guide to Sex, Evolution and the Female (“Cagna: una guida rivoluzionaria al sesso, all’evoluzione e alla femmina animale“), questo il nome del testo in cui si spiega che, persino, la definizione di Darwin sulle differenze tra maschi e femmine possa presentare qualche piccola falla. Essa, infatti, sembra basarsi sull’influenza culturale della società vittoriana. “Questa visione manichea è durata a lungo” come riporta anche Repubblica seguendo le parole della Cooke. “Solo negli ultimi decenni si è avuto un quadro più realistico del rapporto tra sessi grazie agli studi delle scienziate femministe di cui parlo nel libro“.
Uno degli esempi riportati, in tal senso, sono i lemuri. Infatti, sembra che nel 90% delle 111 specie di lemuri del Madagascar le femmine sono dominanti, discorso che non si può fare per gli altri primati. Infatti, nelle altre specie la selezione sessuale descritta da Darwin, in cui la competizione tra maschi per l’accesso alle femmine, ha reso i maschi più grossi e aggressivi. Questa disparità fisica, però, in specie come le iene, ad esempio, è ribaltata. Non si tratta di ‘maschi alfa‘, ma di ‘femmine alfa‘ più potenti. Ma anche in specie in cui le femmine non sono più grosse dei maschi, il ‘femminismo’ può prevalere. In questo caso, un esempio sono le leonesse che evitano con estrema arguzia che un maschio gli impedisca di allattare e le rimandi in estro. Come spiega la Cooke: “Nel loro periodo fertile le leonesse amoreggiano anche cento volte con più maschi. Così questi si asterranno, in futuro, dall’uccidere cuccioli che potrebbero essere figli loro“.
Accoppiamenti di ‘convenienza’
Quella che potremmo definire una promiscuità anti infanticidio è una vera e propria strategia che permettere di evincere l’intelligenza dietro forme di ‘femminismo animale’. Diversi sono gli esempi in tal senso e alcuni restano segreti al maschio, come nel caso di molti uccelli conosciuti piuttosto per la loro monogamia. “Per Darwin le femmine degli uccelli erano per lo più monogame, e questo è quello che si è creduto per un secolo” ha spiegato la dottoressa Cooke. “Ma oggi sappiamo che nel 90 per cento delle specie aviarie le femmine copulano con più maschi e le uova in un nido possono avere padri diversi” e lo scricciolo azzurro superbo è tra questi.
E rimanendo nella sfera della riproduzione, esistono specie in cui le femmine confinano l’uomo al semplice ruolo di donatore di spermatozoi. Ad esempio, gli albatri di Laysan del Pacifico settentrionale. Come osserva ancora Lucy Cooke nel suo saggio, le femmine di questa specie si allontano prima dal luogo natale. Questa migrazione porta le femmine ad essere in sovrannumero rispetto ai maschi locali, già tutti impegnati. “Il problema è presto risolto: le nuove arrivate ricorrono a un fugace accoppiamento e poi costruiscono un nido ‘maschio-free’ dove una coppia di femmine si divide il compito della cova“.