Rintracciate sul mercato nero tonnellate di zanne di elefante. Secondo uno studio, tanto di questo avorio venduto illegalmente proverrebbe da scorte governative e quindi sequestrato, già, in precedenza.
Secondo quando affermato da uno studio guidato dall’Università dello Utah e dall’Università del Washington, la quantità media delle zanne di elefante oggetto di spedizioni illegali è pari a circa 2,5 tonnellate. Ma secondo quanto espresso dalla ricerca, ci sarebbe un altro dato allarmante che si aggiunge a questo aspetto già drammatico.
Lo studio, pubblicato sui Proceedings of the National Academy of Sciences, avrebbe fatto emergere, infatti, che tante delle esportazioni illegali protagoniste del mercato nero potrebbe arrivare da scorte governative. Ovvero, tante delle zanne ri-sequestrate proverrebbero da precedenti sequestri.
Da diverse indagini e analisi incrociate, sarebbe emerso che molte zanne di elefante sequestrate e quindi, presumibilmente, ‘al sicuro‘ sono tornate sul mercato nero. In una prima analisi non è possibile valutare se il materiale, drammaticamente protagonista delle grandi spedizioni illegali, provenga da operazioni recenti di bracconaggio o da avorio accumulato in precedenza. Infatti, per datare le zanne di elefante africano, i ricercatori hanno utilizzato la curva della bomba degli isotopi di carbonio-14 prodotti dalle detonazioni nucleari. L’analisi è stata effettuata su quattro grandi spedizioni sequestrate dal 2017 al 2019. Due i professori che hanno guidato la ricerca: Thure Cerling e Samuel Wasser. Il primo professore di geologia e biologia presso la University of Utah, il secondo professore di biologia della conservazione, ecologia e fisiologia presso la University of Washington,
Gli studiosi hanno calibrato la datazione al radiocarbonio delle zanne sequestrate per calcolare il tempo tra la morte dell’elefante e il recupero dell’avorio. È emerso che la maggior parte dell’avorio sequestrato proveniva da animali morti negli ultimi anni. Difatti, in tre delle quarto spedizioni analizzate, il tempo intercorso tra il decesso dell’animale e il sequestro dell’avorio era di circa 3 anni; in altri casi, non più di 10 anni. Tuttavia, in molti dei campioni, si è riscontrato che la morte dell’elefante era databile tra il 1985 e il 1988. Questo, unito ai segni di inventario trovati su diversi campioni, ha fatto ipotizzare (con quasi estrema certezza) che parte dell’avorio sequestrato provenisse da scorte governative. Di conseguenza, lo studio ha fatto emergere due fattori allarmanti. Il primo è che il bracconaggio è ancora un fenomeno tristemente attivo e diffuso; il secondo è che la sicurezza del materiale sequestrato dovrebbe essere, forse, sottoposto ad una maggiore controllo.
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