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Fotografia naturalistica: perché non è sempre etica

Fotografare un animale selvatico non prevede sempre un comportamento etico. Di base, anche se la fotografia naturalistica risulta essere sempre più in voga, può capitare che dietro quella posa ‘rubata’ e naturale, di naturale, in realtà, ci sia ben poco. Non è improbabile che uno scatto nasconda, infatti, costrizioni e manipolazioni.

La fotografia naturalistica prevede di immortalare, spesso, creature selvatiche in pose naturali e intente a compiere azioni consuete. Ma lo sguardo di chi fotografa non è sempre troppo distante dall’inquadratura; e dietro ciò che appare come totalmente naturale si possono celare manipolazioni o forzature.

Proprio per questo motivo si tende ad ipotizzare aspetti che non appaiono perfettamente etici. Su La Zampa si leggono alcune informazioni fornite dalla fotografa naturalista Sharon Vanadia che rivela quali confini non dovrebbero essere valicati.

La fotografia naturalistica etica

Sharon Vanadia unisce la sua passione per la natura e all’ambiente alla fotografia; eppure non sempre è così. Infatti come specifica la fotografa: “Quando ci si approccia alla fotografia naturalistica bisogna tener conto di un concetto fondamentale e imprescindibile: la salute degli animali viene prima di qualsiasi scatto“. Questo segna un limite che non dovrebbe mai essere superato. Il benessere psico-fisico degli animali non dovrebbe mai essere compromesso e quindi la fotografia naturalistica per essere etica dovrebbe sempre rispettare tale presupposto. Succede, però, che per ottenere lo scatto perfetto, sempre più fotografi si servono di esche o cibo per immortalare l’animale selvatico da vicino. Ma come ha spiegato ancora l’esperta a La Zampa: “Il nostro cibo è deleterio per l’apparato digerente degli animali selvatici“. Quindi per ottenere un vantaggio si arreca male alla creatura.

Non rispettare la prossemica (ovvero lo spazio in cui si agisce e interagisce) è un atteggiamento altrettanto poco etico nella fotografia naturalistica. A tal proposito, per esempio, avvicinarsi troppo ad una tana o un nido potrebbe comportare l’abbandono definitivo da parte dei genitori. Lo stesso se ci si avvicina troppo ad un animale selvatico si potrebbe rischiare di impaurirlo o stressalo. Importante, invece, sarebbe conoscere l’etologia dell’animale che ci si appresta a fotografare. Conoscere habitat, comportamenti tipici o richiami risulterebbe indispensabile per evitare di arrecare danni alla creatura. La fotografia naturalistica, infatti, se eseguita nel modo più etico possibile è un ottimo mezzo per divulgare la conservazione di flora e fauna; ma se non rispetta i limiti può trasformarsi in un’azione dannosa. Il benessere dell’animale deve sempre essere messo a primo posto, solo così gli scatti saranno unici e potranno anche avere un’azione di sensibilizzazione.

Francesca Perrone

Cultura, Ambiente & Pets Messinese trasferita a Roma per gli studi prima in Scienze della Comunicazione Sociale presso l'Università Pontificia Salesiana, con una tesi su "Coco Chanel e la rivoluzione negli abiti femminili", poi per la specializzazione in Media, Comunicazione Digitale e Giornalismo alla Sapienza. Collabora con l'Agenzia ErregiMedia, curando rassegne stampa nel settore dei rally e dell'automobilismo. La sue passioni più grandi sono la scrittura, la moda e la cultura. Responsabile dei blog di VelvetMAG: VelvetPets (www.velvetpets.it) sulle curiosità del mondo animale e di BIOPIANETA (www.biopianeta.it) sui temi della tutela dell'ambiente e della sostenibilità.

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