Come riferisce uno studio pubblicato sulla rivista Global Change Biology, il caldo starebbe facendo scomparire decine di specie marine nel Mediterraneo. Negli ultimi anni sarebbero migliaia i pesci, i coralli e le spugne morte a causa delle temperature troppo elevate.
Il caldo nel Mediterraneo sarebbe la causa della mortalità di migliaia tra pesci e altri esseri viventi che abitano i fondali. A riferirlo uno studio pubblicato sulla rivista Global Change Biology che rivela come negli ultimi anni siamo morti esemplari appartenenti ad oltre 50 specie.
La ricerca, condotta tra il 2015 e il 2019 su migliaia di km di coste, ha spiegato come le ondate di calore marine eccezionali hanno provocato il decesso di massa in specie diverse come pesci, coralli, spugne e macroalghe. L’attuale situazione non lascia sperare prospettive migliori.
Le ondate di calore, che stanno attraversando gran parte del Pianeta e in particolare il bacino Mediterraneo, portano alla luce una situazione registrata da un gruppo di ricerca negli anni precedenti. Le alte temperature, infatti, in passato hanno causato fenomeni di mortalità di massa in numerosissime specie marine. Uno studio internazionale, condotto tra il 2015 e il 2019 su migliaia di km di coste, ha coinvolto l’Istituto per le risorse biologiche e le biotecnologie marine del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Irbim) ed ha fornito un dato piuttosto allarmante.
La ricerca, svolta grazie al supporto dei progetti europei e pubblicata sulla rivista Global Change Biology, parlerebbe del coinvolgimento di oltre 50 specie tra pesci, coralli, spugne e macroalghe. Come spiega il coordinatore dello studio, Joaquim Garrabou ricercatore dell’Institut de Ciències del Mar (ICM-CSIC) di Barcellona, tra le specie più colpite ci sarebbero le praterie di Posidonia oceanica o il coralligeno. Quest’ultime fondamentali per mantenere il funzionamento e la biodiversità degli ecosistemi marini.
Gli eventi di mortalità causati dal caldo avrebbero interessato miglia di coste, fino alle coste orientali partendo dal Mare di Alboran; in un’area che dalla superficie arriva fino ai 45 metri di profondità sotto il livello del mare. Come scrive Ansa, Ernesto Azzurro, ricercatore del Cnr-Irbim, avrebbe spiegato: “Purtroppo, i risultati mostrano per la prima volta un’accelerazione degli impatti ecologici associati ai cambiamenti climatici, una minaccia senza precedenti per la salute e il funzionamento dei suoi ecosistemi“.
Si tratterebbe, dunque, di un’ulteriore testimonianza di quanto l’effetto del riscaldamento può comportare anche l’insorgere di patogeni poco conosciuti. Come sottolinea Carlo Cerrano, dell’Università Politecnica delle Marche: “Gli eventi di mortalità di massa nel Mediterraneo sono equivalenti agli eventi di sbiancamento osservati anche nella Grande Barriera Corallina, suggerendo che questi episodi sono già la norma piuttosto che l’eccezione“. Come spiegano i 30 gruppi di ricerca, provenienti dagli 11 paesi e coinvolti nello studio, il caldo registrato tra il 2015 e il 2019 si può definire eccezionale rispetto agli ultimi 30 anni. Ma ci preme aggiungere che l’attuale condizione, in cui gli effetti della crisi climatica si stanno mostrando sempre più evidenti, non esclude il riproporsi di una situazione che potrebbe raggiungere livelli più preoccupanti.
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