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Conclusa la “battaglia legale” dell’elefantessa Happy: la sentenza definitiva

Si è conclusa la vicenda giudiziaria che ha avuto come protagonista l’elefantessa Happy. La Corte d’Appello di New York si è espressa in merito alla richiesta da parte dell’associazione Nonhuman Rights Project di riconoscere i diritti umani all’animale rinchiuso nello zoo del Bronx da 45 anni.

Ha tenuto con il fiato sospeso gli animalisti di tutto il mondo la storia di Happy, l’elefantessa che da 45 anni vive sola e rinchiusa in una gabbia presso lo zoo del Bronx; la sua vicenda aveva colpito l’associazione Nonhuman Rights Project che aveva richiesto di valutare il caso della pachiderma, affinché le fossero concessi i diritti umani.

Il desiderio era quello di restituire la libertà ad una creatura la cui ‘prigionia’ potrebbe procurare gravi danni alla sua salute fisica e mentale; ma la sentenza emessa dalla Corte d’Appello di New York sembra aver spento le speranze di chi sognava per Happy un destino diverso.

La storia dell’elefantessa Happy

Happy è un’elefantessa cresciuta in cattività praticamente da quando era una cucciola. La sua vita è sempre stata di prigionia. Oggi ha 51 anni, ma piccolissima è stata catturata in Thailandia, insieme ad altri elefantini; dopo una serie di trasferimenti la sua destinazione finale si è trasformata nello zoo del Bronx. Per anni, ha vissuto con un altro pachiderma, ma il suo compagno è morto quindici anni fa e da allora Happy vive da sola nella sua gabbia; sola, triste e con nessun contatto con la natura o con i simili. La sua triste storia è stata presa a cuore in tutto il mondo e per liberarla oltre un milione di persone avevano firmato una petizione lanciata su Change.org.

Dopo che nel 2005 Happy aveva dimostrato di sapersi riconoscere allo specchio, l’organizzazione NhRP ne aveva approfittato per chiedere che fossero valutate le capacità intellettive dell’animale. E da qui, la richiesta alla Corte d’Appello di New York affinché potesse riconoscere i diritti umani all’elefantessa e potesse permetterle di essere trasferita in un santuario lontana dalle sbarre dello zoo. Ma purtroppo il Tribunale si è espresso a sfavore, negando alla pachiderma il riconoscimento dello stato illegale di prigionia.

L’epilogo della vicenda

Happy non gode degli stessi diritti degli esseri umani; questo quanto stabilito dalla sentenza emessa dalla Corte d’Appello di New York. L’associazione Nonhuman Rights Project, si era rivolta al Tribunale chiedendo di attribuire all’esemplare il diritto dell’Habeas Corpus; e quindi la prigionia illegale. Ma la legge non ha riconosciuto Happy come una “persona giuridica“. L’elefantessa, dunque, dovrà rimanere presso lo zoo del Bronx nel quale vive dal 1977 e del quale, pare, risulti una proprietà.

Chiaro il triste epilogo della storia di Happy; come si legge infatti nella sentenza, la corte comunica: “Pur non mettendo in discussione le capacità degli elefanti, rigettiamo gli argomenti portati dai querelanti. Habeas Corpus è un mezzo procedurale volto a garantire i diritti di libertà degli esseri umani trattenuti illegalmente, non degli animali non umani“. Sembra essersi conclusa in maniera sconfortante la vicenda della pachiderma, ma la speranza che qualcosa un giorno posso cambiare, per lei e per tutti gli altri animali che vivono in condizioni innaturali, deve rimanere sempre alta.

Francesca Perrone

Cultura, Ambiente & Pets Messinese trasferita a Roma per gli studi prima in Scienze della Comunicazione Sociale presso l'Università Pontificia Salesiana, con una tesi su "Coco Chanel e la rivoluzione negli abiti femminili", poi per la specializzazione in Media, Comunicazione Digitale e Giornalismo alla Sapienza. Collabora con l'Agenzia ErregiMedia, curando rassegne stampa nel settore dei rally e dell'automobilismo. La sue passioni più grandi sono la scrittura, la moda e la cultura. Responsabile dei blog di VelvetMAG: VelvetPets (www.velvetpets.it) sulle curiosità del mondo animale e di BIOPIANETA (www.biopianeta.it) sui temi della tutela dell'ambiente e della sostenibilità.

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