Secondo uno studio, condotto tra dicembre del 2020 e gennaio del 2021, l’80% dei cervi coda bianca, i più diffusi negli USA, avrebbero contratto il Covid-19 dagli esseri umani. A riferirlo il New York Times che avrebbe citato la ricerca eseguita da un team di scienziati americani della Penn State University. Gli esemplari, a cui lo studio fa riferimento, si trovano in diverse zona dell’Iowa e sembra che il contagio si sia diffuso in maniera talmente rapida da far temere una possibile mutazione del virus.
La probabilità che sia stato l’uomo a trasmettere il virus al branco di ungulati sembra la più accreditata. Lo studio afferma, inoltre, che non ci sarebbero prove della situazione inversa; ovvero che anche i cervi a loro volta abbiano contagiato gli esseri umani.
Possibile mutazione del virus nei cervi
I cervi coda bianca sono tra gli esemplari più diffusi negli USA e la loro presenza è massiccia in diverse zone dello stato; benché non esistano prove del fatto che gli animali selvatici infetti possano contagiare l’uomo, il rischio, che il virus dopo essersi adattato all’organismo possa mutare e dare vita a delle varianti, sembra alto. Del resto, non si tratta del primo studio sui cervi; nei mesi scorsi una ricerca condotta dall’Università Canadese di Saskatchewan aveva dimostrato la presenza di anticorpi anti Covid-19 nella stessa specie di ungulati.
Lo studio condotto dai ricercatori della Penn State University avrebbe esposto risultati allarmanti; la rapidità con cui il Covid-19 si è diffuso tra i cervi, potrebbe anche lasciare supporre una altrettanta velocità nell’adattamento degli organismi al virus. Come riferisce il New York Times, lo stato dell’Iowa ha invitato cacciatori e altre categorie che potrebbero entrare in contatto con gli ungulati a prestare estrema attenzione e prudenza. In riferimento agli animali, invece, sembra che al momento non ci siano situazioni gravi tra i contagiati.
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