Lo scienziato Pierre Thibault, docente di fisica applicata all’Università Trieste ha rivelato nel corso della decima edizione di Trieste Next, come sia possibile individuare alterazioni nelle stelle marine, osservabili attraverso i Raggi X. Nonostante si tratti di uno studio ancora in corso, il ricercatore ha spiegato come i cambiamenti climatici possano influire nella biologia degli organismi marini fino a mutarla.
Il docente sta indagando su una specie proveniente dai mari del Nord, nella quale è possibile si trovino segni riconducibili agli effetti dei cambiamenti climatici. Le alterazioni delle temperature, come abbiamo avuto modo di sottolineare più volte, creano degli squilibri all’acidità e ad altre caratteristiche del mare; questo non può che avere inevitabili conseguenze sulle creature che vi abitano.
Il progetto del professor Pierre Thibault si avvale di un team internazionale di scienziati; gli animali scelti per lo studio sui cambiamenti climatici sono le stelle marine per un motivo specifico. Questi organismi, in particolare le Ctenodiscus crispatus, protagoniste della ricerca, sono una specie molto diffusa; come spiega il docente di fisica applicata a Wired: “La scelta è ricaduta proprio su questo organismo per la sua gran diffusione, che la rende un buon candidato come rappresentante delle condizioni ambientali; ma anche per le specifiche funzioni che svolge. Ha infatti un ruolo importante nella pulizia del fondale marino, dove contribuisce a rimescolare i materiali che continuamente vi si depositano, nutrendosi di detriti organici”.
Questo ha lasciato supporre che per adattarsi ai cambiamenti climatici, le stelle marine stiano modificando gli organi digestivi e riproduttivi; senza queste alterazioni necessarie gli organismi, infatti, riuscirebbero a sopravvivere con difficoltà rispetto alle nuove condizioni climatiche e dell’habitat. Alla luce di quanto detto, la ricerca condotta dal professor Thibault ha intenzione di analizzare anche altre creature; per esempio, alcune varietà di spugne, sensibili alle alterazioni di temperatura e acidità delle acque. Questi ulteriori studi, potrebbero aprire lo sguardo anche sull’inquinamento da microplastiche (in grado di bloccare i canali interni di molte organismi marini) e sui suoi rischi.
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