Il fungo pericoloso per le rane: i dettagli sulla malattia più letale

Identificata come una tra le patologie più pericolose per le rane, la malattia procurata dal fungo Batrachochytrium Dendrobatidis, può risultare letale. Essa si presenta talmente micidiale perché va ad attaccare un organo fondamentale per gli anfibi: la pelle; questo fungo consuma la cute, indispensabile agli animali per respirare e regolare i liquidi corporei e la temperatura. Secondo uno studio pubblicato su Science, i numeri delle vittime di questa epidemia sembrano essere drammatici. Alcuni anfibi infatti pare muoiano subito per arresto cardiaco, altri invece sopravvivono e permettono al fungo di propagarsi nell’acqua.

Il rischio d’estinzione per alcune specie di rane

La diffusione del fungo letale nell’acqua risulta particolarmente dannosa; poiché condanna altre rane ad ammalarsi. La patologia nota anche come chitiridiomicosi avrebbe provocato la decimazione di 501 specie diverse di rane, di cui 90 si sono estinte definitamente; questo è quanto si apprende da una ricerca effettuata dall‘Australian National University. Nonostante le rane siano un anfibio resistente nei secoli, un fungo in soli 50 anni (il patogeno fu riscontrato per la prima volta tra gli anni ’70 e ’80) è stato in grado di comprometterne seriamente la sopravvivenza. Tuttavia negli ultimi anni pare ci sia stata una ripresa in senso positivo.

Responsabilità dell’uomo

Anche se in maniera inconsapevole, l’uomo ha contribuito alla diffusione del fungo pericoloso; i commerci internazionali di animali a scopo medico, domestico e anche alimentare hanno permesso una contaminazione maggiore. Il fungo ha raggiunto infatti habitat prima inviolati ed è diventato invasivo. Tuttavia pare che, negli ultimi anni, una parte (seppur minima) delle specie di rane, che avevano registrato un declino, abbiano avuto dei miglioramenti. Si tratta di una ripresa lenta, ma che alimenta una speranza per le specie. In questo senso una via assolutamente precauzionale in questo senso è, senza dubbio, la riduzione dello spostamento degli anfibi nel mondo. L’allevamento in cattività inoltre è una buona possibilità per permettere alle specie in via d’estinzione di potersi ripopolare in maniera protetta.

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