La nostra intervista esclusiva a Simona Santoni, coordinatore provinciale del Movimento animalista di Rimini
Dopo la scoperta dell’ennesimo allevamento lager, avvenuta solo pochi giorni fa a Misano, in provincia di Rimini, dove erano detenuti 12 cani dei quali 11 Cocker e un Terranova in condizioni di totale sofferenza e sporcizia, abbiamo intervistato Simona Santoni, coordinatore provinciale del Movimento animalista di Rimini. La Santoni, insieme al Movimento guidato dall’onorevole Michela Vittoria Brambilla, ha promesso di portare in Parlamento la vicenda del canile del riminese, affinché casi come questo in Italia non accadano più. Ecco cosa ci ha raccontato.
Quando avete saputo dell’allevamento lager?
Lo abbiamo saputo dai nostri iscritti e dalle associazioni operanti sul territorio con le quali collaboriamo. Inoltre è nostra prassi monitorare sempre con attenzione le emittenti e la stampa locale per capire se ci sono situazioni critiche su cui intervenire.
In che senso volete usare questa vicenda per portare in Parlamento il codice dei diritti animali?
Vicende del genere, purtroppo, accadono più spesso di quanto si crede, in tutta Italia. Come animalisti e cittadini non possiamo tollerare che ci siano strutture inadeguate a ospitare i 4 zampe. Per questo, nel nostro programma elettorale, proponiamo regole più severe per queste strutture (numero massimo di animali ospitati, regole igienico-sanitarie più stringenti) e un piano per favorire le adozioni. È inoltre indispensabile agire a monte: il prossimo Parlamento dovrà impegnarsi ad approvare un Codice dei Diritti degli Animali.
Come dovrebbero inasprirsi le pene per chi maltratta gli animali?
I reati oggi previsti tutelano il comune sentimento di pietà che l’uomo prova verso gli animali e che viene offeso da forme di crudeltà verso gli stessi. È invece necessario cambiare il paradigma, prevedendo norme che puniscano violenze e maltrattamenti in quanto azioni a danno di un essere senziente. Oltre a inasprire le pene, è necessario introdurre nuove circostanze aggravanti, come nel caso di furto di animali d’affezione o pubblicazione di video o immagini sui social dei fatti di reato. La detenzione incompatibile e l’abbandono dovranno essere individuati come delitti e non più come semplici contravvenzioni. Infine il tema della tutela penale per la fauna protetta: proporremo di introdurre da due a sei anni di reclusione e multe salatissime per chi uccide o cattura un esemplare protetto.
Cosa potrebbe essere un deterrente reale e come si potrebbero avere più controlli sul territorio?
L’inasprimento delle pene e la loro effettiva applicazione. Dovrà essere ricostituito il Corpo Forestale dello Stato, indebitamente smantellato dagli ultimi due governi, e, conseguentemente, il Nirda, il Nucleo Investigativo per i Reati in Danno agli Animali.
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