A Città del Capo, in Sudafrica, un bracconiere è stato arrestato e condannato a 20 anni di carcere poiché trovato in possesso di corni di rinoceronte.
Un uomo originario del Mozambico è stato condannato a venti anni di carcere, poiché riconosciuto colpevole di bracconaggio di rinoceronti bianchi. Nel marzo 2016, nel Parco Nazionale di Kruger, l’uomo era stato arrestato in seguito ad una sparatoria con una pattuglia della polizia, durante la quale un suo complice era riuscito a fuggire. Il bracconiere è stato infine condannato per essere stato in possesso di corni di rinoceronte bianco e svariate munizioni da caccia. Tale condanna è stata definita dal colonnello della polizia Katlego Mogale “un messaggio forte” per chi si macchia di tali crimini. In Sudafrica vivono circa 20.000 esemplari di rinoceronte e ogni anno ne vengono uccisi almeno 1000.
Le misure di contrasto al bracconaggio
La condanna del trentenne mozambicano è soltanto una delle ultime misure di contrasto attuate in Sudafrica contro il fenomeno del bracconaggio. Di recente un cinese diretto a Hong Kong è stato arrestato al Tambo International Airport di Johannesburg poiché in possesso di cinque corni di rinoceronte. Grazie a tali provvedimenti, il Sudafrica sta incominciando a registrare un lieve calo nelle uccisioni di questi animali. Quest’anno è stata accertata la morte di 529 esemplari, un numero decisamente inferiore rispetto agli anni precedenti.
Il mercato nero dei corni di rinoceronte
Per contrastare il fenomeno del bracconaggio c’è chi decide di tagliere i corni ai rinoceronti, come l’allevatore John Hume, che ogni anno esegue questa pratica sui suoi 1500 esemplari, in modo che non siano uccisi dai bracconieri. In seguito ad una sentenza della magistratura sudafricana, che annulla il bando al commercio interno dei corni di rinoceronte, John Hume ha deciso di mettere all’asta online i corni dei suoi animali. Nonostante il ricavato dell’asta fosse destinato esclusivamente alle cure e al mantenimento degli animali, molte associazioni animaliste si sono opposte alla vendita attuata dall’allevatore, sottolineando il rischio che i corni messi in vendita possano essere acquistati illegalmente da altri paesi.
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