Da qualche anno presenti anche nei nostri mari, queste particolari meduse sono piccole e particolarmente urticanti. Ecco le caratteristiche della loro specie
Gli avvistamenti, anche se solo nel mare Adriatico, sono frequenti, quindi meglio riconoscere il pericolo, per evitarlo. Stiamo parlando della Carybdea marsupialis, o Cubomedusa: molto piccola, trasparente, con l’ombrello cubico che misura dai 4 ai 5 centimetri circa, dotata di quattro tentacoli lunghi una decina di centimetri. Nuota in modo vigoroso e si sposta facilmente, ma soprattutto è tra le meduse più urticanti dei nostri mari. Meglio starne alla larga quindi e stare attenti soprattutto di notte, quando, attirate dalle luci della costa, si avvicinano a riva.
La Cubomedusa ha un parente killer australiano
Le caribdee fanno parte della famiglia dei Cubozoi, noti anche come “box jellyfish”, che includono la maggior parte degli organismi marini velenosi attualmente noti, gli unici cnidari mortali anche per l’uomo. Sebbene si rinvengano in tutta l’area tropicale, risultano particolarmente comuni nell’area Indo-Pacifica e lungo le coste dell’Australia. Una particolare cubomedusa, la Chironex fleckeri, nota anche come “vespa di mare”, è lo cnidario più velenoso tra tutti quelli conosciuti e tra gli animali più pericolosi esistenti. Può infatti causare la morte per shock, dopo intensi spasmi muscolari, paralisi respiratoria e muscolare e arresto cardiaco.
Niente cervello ma vi tengono d’occhio
Questa specie di medusa ha quattro particolari strutture sensoriali dette ”ropali”, situati all’interno di altrettante nicchie poste alla base della campana. Le strutture in questione sono paragonabili a veri e propri occhi, sono molto complesse e possono contenere addirittura lenti, cornee e retine. Tuttavia, le Cubomeduse, come i loro simili, non possedendo un vero e proprio cervello, e quindi non è ancora ben chiaro come possano interpretare le immagini create dalle suddette lenti. Alcuni studiosi ipotizzano che possano avere un “sistema nervoso diffuso”, che permetta loro di interagire con l’esterno.
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