Dalle prime ore di questa mattina si parlava di gatti usati per diffondere le fiamme sul Vesuvio. Ecco la verità sulla vicenda a dir poco inquietante
Fin dalle prime ore di questa mattina era trapelata una notizia che aveva aggiunto orrore ad orrore: alcuni gatti randagi sarebbero stati utilizzati da chi ha appiccato gli incendi sul Vesuvio per propagare ancora di più le fiamme e rendere ancora più difficili i soccorsi. Ora, però, arrivano le prime smentite. I corpi bruciati dei mici, circa 8 a quanto pare, sono stati sì trovati dai soccorritori, ma questi animali sarebbero morti accidentalmente a causa del fuoco e non perché cosparsi di benzina dai piromani.
Come afferma anche il sito next.com, non è certo la prima volta che viene fuori un storia dei felini usati dagli incendiari per propagare meglio le fiamme. Un racconto simile era stato utilizzato per spiegare la genesi degli incendi nel Parco dei Nebrodi in Sicilia, poiché c’era chi sosteneva che ai mici venisse dato fuoco direttamente, mentre altri supponevano che gli fosse stato legato uno straccio imbevuto di benzina alla coda. Quello che è certo è i mici scappando diventavano una specie di torcia impazzita.
L’ipotesi della pista felina era venuta fuori anche nel 2012, per spiegare gli incendi in Umbria. Ma si tratta appunto di ipotesi, che spesso spuntano durante le prime fasi delle indagini e che non sono confermate direttamente dagli inquirenti. Quello che è certo, dunque, è che motli animali sono morti in queste ore drammatiche per tutta la popolazione e che altri rischiano grosso. Su Facebook, ad esempio, è partito l’appello per salvare 750 cani ospiti di due canili che rischiano di essere travolti dal fuoco: “Se avete un box, garage, giardino, terreno recintato o addirittura a casa e potete ospitare per oggi almeno un cane. Gli salvereste la vita. Le volontarie stanno cercando disperatamente di metterli al sicuro ma senza il vostro aiuto non possono: 346.7540713, questo è il numero per chi dal cuore nobile decide di ospitare. Chiamate solo se date ospitalità”.
Photo Credits Facebook
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