L’Avvocato Mariella Cipparrone, del Foro di Cosenza, è attivamente impegnata sul fronte animalista. Da anni si batte per l’abolizione delle perreras e di recente ha preso parte alla prima udienza del processo agli imputati per l’uccisione del cane Angelo. In questa intervista esclusiva ci rivela i dettagli delle sue battaglie a favore dei più indifesi.
Lei si occupa del caso perreras in Spagna, una realtà davvero terribile che rappresenta un punto molto critico rispetto alla questione del maltrattamento animali. Si tratta di una realtà che tuttavia non molti conoscono fino in fondo. Si parla molto delle perreras ma si sa poco di ciò che realmente accade in queste strutture. Può descriverci esattamente come vengono gestiti i randagi all’interno delle perreras?
In Spagna, nella maggior parte delle Comunidades Autonomas (corrispondenti alle regioni italiane) vige una truce legge che consente il massacro di cani e gatti (non importa che siano sani e adottabilissimi) dopo 10/30 giorni, a seconda della perrera, dalla loro entrata in canile. Il governo spagnolo, infatti, ritiene di risolvere il problema del randagismo e, pertanto, del sovraffollamento dei canili, praticando l’eutanasia di animali sani ed in condizioni tali da essere adottati. Per ogni randagio soppresso viene corrisposta una somma che va dai 50 ai 70/80 € (ogni perrera ha i suoi prezzi), comprendente l’uccisione e lo smaltimento del cadavere. Si tratta, dunque, di un fiorente mercato… peccato che si basi sulla morte di esseri viventi e senzienti che hanno la sola colpa di nascere in un paese dove non esiste la compassione forme di vita, diversa da quella umana. I metodi della mattanza sono nella maggior parte dei casi cruenti e orribili: nessun controllo: ci sono casi di cani e gatti entrati nelle camere a gas ma salvatisi per aver infilato il muso nel pelo di un compagno peloso, questi animali sono stati comunque cremati nei forni tramortiti e vivi; tristemente conosciuto anche il paralizzante neuromuscolare che faceva agonizzare cani e gatti nella perrera di Puerto Real in piena coscienza ed atroce sofferenza. Spesso è la mancanza di cibo e acqua a portare alla morte o le ferite mai curate. Entrano, infatti, ogni giorno nelle perreras cani incidentati che non ricevono nessun tipo di assistenza. Altre volte l’insostenibilità di quell’orrore porta ad infarti letali.
Nel 2016 Lei ha presentato un’importante istanza alla Commissione Europea per far sì che sia posta fine a questo massacro di cani e gatti randagi. Com’è stata accolta questa petizione e quali sono stati i suoi sviluppi in sede di disamina da parte del Parlamento Europeo?
Il 19 maggio 2016 ho caricato una petizione sul sito delle petizioni del Parlamento Europeo che è stata dichiarata ricevibile da parte della Commissione Petizioni nel dicembre 2016. Contestualmente ho cercato di raccogliere il maggior numero di firme possibili per poter dare maggior visibilità alla questione. È stato possibile anche aderire online alla petizione sul sito del Parlamento Europeo; inoltre ho creato la pagina Facebook No Perreras su cui è stato possibile avere notizie sull’andamento della questione. A gennaio 2017 la Commissione Europea, rispetto alle varie petizioni in materia di benessere animale, si è ulteriormente pronunciata, stabilendo ancora una volta un principio già sancito e cioè che la competenza ad intervenire in tale settore spetta allo Stato membro e, non, alla Commissione Europea, in base agli accordi stipulati al momento dell’entrata nell’UE del singolo stato. Pertanto, ha disposto l’inserimento di tutte le petizioni in questa materia in un elenco per la loro archiviazione. Nonostante il supporto del M5S (che in Europa prende il nome di EFDD), in persona dell’Europarlamentare Eleonora Evi, membro della Commissione Petizioni, che ha avanzato una proposta (tenere aperte per 2 mesi tutte le petizioni relative al benessere animale, consentendo a chi le ha richieste, come me, di produrre altra documentazione e memorie aggiuntive e permettendo ai cittadini dell’UE di dire la loro, in merito alla possibilità da parte della Commissione Europea di intervenire, avocando a sé la competenza in tale settore), la stessa è stata bocciata e, pertanto, si è deciso di archiviare tutte le petizioni sul benessere animale. Praticamente si è persa un’altra occasione di intervenire legislativamente per sancire un principio già contenuto nell’Art. 13 del trattato di Lisbona che appunto stabilisce che gli animali sono esseri senzienti e che, pertanto, vanno tutelati. È infatti necessario colmare il vuoto legislativo che esiste a livello europeo in materia di benessere animale. Non esiste una legislazione uniforme in questo settore tra gli stati membri, quindi in alcuni paesi come la Spagna ed anche in altri è prevista ancora l’eutanasia dei randagi. Ciò non è più concepibile, atteso che, negli ultimi anni sono molto cresciuti l’interesse e la sensibilità verso gli amici a 4 zampe che, da molti, ed a ragione, vengono considerati, componenti della famiglia. Inoltre, come diceva Gandhi, “la civiltà di un popolo si misura dal modo come tratta gli animali”, quindi alcuni paesi dovrebbero sbrigarsi a diventare civili se vogliono restare in Europa.
Per la sua proposta di risoluzione, ha ricevuto l’appoggio dell’Europarlamentare Laura Ferrara. Quali sono i punti salienti di questa istanza?
Ad aprile 2016 ho redatto un documento relativo alle terribili “perreras” rivolto all’Europarlamentare Laura Ferrara (mia concittadina e collega) chiedendole di sollevare la questione presso le istituzioni europee. La Ferrara, a seguito di ciò, il 1 giugno 2016 ha depositato, insieme a 6 colleghi del gruppo M5S-EFDD (Europe of Freedom and Direct Democracy), un’interrogazione parlamentare scritta con risposta scritta, da sottoporre alla Commissione Europea, affinché intervenisse per colmare un vuoto legislativo in materia e facendo, così cessare il massacro che si consuma ogni giorno in tali canili. La Commissione Europea, i primi di agosto 2016, ha risposto affermando che la questione non è di sua competenza ma dello Stato membro. Inoltre, prima del provvedimento della commissione europea, su domanda del segretariato del Parlamento Europeo, è stata richiesta una memoria integrativa (presentata il 28 giugno dello stesso anno) della suddetta interrogazione da inviare direttamente al Presidente Schultz, prima dell’invio dell’interrogazione alla Commissione.
La Spagna è stata spesso al centro di polemiche sui temi animalisti, primo tra tutti quello della Corrida, è possibile che, nonostante le pressioni da ogni parte del mondo, da animalisti e da associazioni di ogni Paese d’Europa e non solo, non si riesca a sensibilizzare la popolazione locale e soprattutto a convincere le istituzioni a prendere dei seri provvedimenti?
Il problema, a mio parere, è relativo al tipo di mentalità e cultura del popolo spagnolo. In spagna è una questione di tradizioni fortemente radicate nella popolazione. Basti pensare alle corride, alle battute di caccia in cui vengono utilizzati i galgos (i nostri levrieri) che poi, all’età di 3 anni, vengono abbandonati o impiccati o sepolti vivi dai galgueros, al lancio della capra dal campanile, etc. Se poi si considera che gli spagnoli tutta questa storia non ce l’hanno, discendono, infatti, dai conquistadores, spregiudicati avventurieri, che, spinti, dai re europei, in primo luogo quelli spagnoli, si lanciavano alla conquista del mondo intero saccheggiando e sterminando ogni cosa.
Com’è possibile che in altri Paesi d’Europa l’eutanasia per i cani randagi accolti nei canili è stata abolita da tempo mentre in Spagna è ancora praticata e non si riesce a intervenire su questo fronte?
Come ho accennato prima, se non cambia la mentalità è difficile un cambiamento di rotta. Il problema è un altro: se uno Stato europeo vuol far parte di un organismo come l’UE deve avere dei requisiti precisi ed eventualmente uniformarsi a quella che è la mentalità prevalente degli altri Stati. Se lo Stato, in questo caso la Spagna, non comprende ciò, a mio parere, deve intervenire la Commissione Europea che ha potere legislativo. D’altronde, non sono stata l’unica cittadina dell’UE ha presentare una petizione contro le perreras spagnole, solo nel 2014 ne sono state presentate sei; quindi il problema esiste ed è anche molto sentito. Si deve agire affinché la Commissione Europea possa legiferare anche in questa materia del randagismo che, in base ai trattati, come altre materie, è demandata alla competenza dello Stato membro. Naturalmente io non mi fermerò dinanzi a questo diniego della Commissione. Sto attendendo la notifica del documento ufficiale con cui si è decisa l’archiviazione della mia petizione per battere altre strade. Sto pensando, ad esempio, ad un ricorso presso la Corte di Giustizia Europea per i Diritti dell’Uomo. Devo verificare se sussistono i presupposti, ma sicuramente la guerra è appena iniziata.
Lei è molto attiva come avvocato a favore degli animali su più fronti, non soltanto sulla questione perreras. ha seguito attivamente molti altri casi e al momento si sta occupando anche del caso del cane Angelo, per i cui responsabili è stata già fissata una prima udienza del processo. Lei è stata presente in aula, può raccontarci com’è andata e quale sarà a suo avviso l’esito finale del procedimento giudiziale?
Il 27 aprile 2017 c’è stata la prima udienza a Paola, in provincia di Cosenza, del processo a carico degli autori dell’uccisione del cane Angelo. Il giudice, in composizione monocratica, Dott. Cosenza, ha letto il decreto di citazione a giudizio degli imputati e ha fatto l’elenco delle varie associazioni che avevano sporto denuncia, poi ha chiesto a noi avvocati, in rappresentanza delle varie associazioni, se avevamo intenzione di costituirci parte civile. Avendo ricevuto risposta affermativa, ha raccolto le varie costituzioni e, poiché le stesse erano un numero rilevante, si è riservato sulla loro ammissibilità, rinviando all’udienza del 18 maggio p.v. Prima di dichiarare chiusa l’udienza, ha inoltre chiesto ai difensori degli imputati (di cui in aula erano presenti soltanto due) se vi erano da parte loro delle richieste particolari. Gli avvocati della difesa hanno anticipato che i loro assistiti opteranno per il rito abbreviato che prevede uno sconto della pena di 1/3. Ciò ha colto di sorpresa noi avvocati di parte civile. Ci aspettavamo la richiesta del patteggiamento ex art 444 cpp (applicazione di pena su richiesta) in cui difesa ed accusa (in persona del Pubblico Ministero) concordano la pena. Nel caso del patteggiamento le parti civili sono escluse e quindi non è previsto alcun risarcimento del danno. All’udienza erano presenti moltissimi attivisti animalisti e associazioni che hanno mantenuto un contegno più che dignitoso, nessun tumulto, nessuna parola fuori posto, solo, alla fine, è echeggiato in aula un grido: “assassini”, ma i presidenti delle varie associazioni hanno subito ripreso l’autore del grido ed è tornata immediatamente la calma. L’udienza, comunque, era blindata, peggio di un processo di mafia, la zona intorno al tribunale era transennata, non si poteva accedere con l’auto e prima di entrare in aula sono stati effettuati molti controlli sul pubblico presente (aperte le borse, svuotate le tasche, etc.). Per quanto riguarda l’esito, si può ipotizzare uno sconto di un terzo di quello che prevede il massimo della pena per questo reato che ricordiamo è di 2 anni. Poi sicuramente ci sarà un calcolo relativo al concorso delle circostanti aggravanti (l’aver agito con crudeltà e senza necessità, come recita il decreto di citazione a giudizio) con le attenuanti generiche, pena sospesa e non menzione per i delitti, la cui pena detentiva non supera i 2 anni. È prevista la sospensione condizionale della pena per 5 anni, in questo lasso di tempo, se gli autori del reato, non ne commettono altri, il reato per cui sono stati condannati si estingue. Questo è lo scenario possibile che si potrà verificare alla prossima udienza, che sarà conclusiva se non interviene altro. Nel rito abbreviato entrano le costituzioni delle parti civili che, quindi, avranno diritto al risarcimento che verrà’ stabilito dal giudice nella sentenza. Bisogna vedere se gli imputati possiedono dei beni.
Cosa significa essere animalista oggi? Guardando al passato con un occhio al futuro cosa è cambiato e cosa potrà ancora cambiare?
Essere animalisti oggi significa aver preso coscienza del fatto che la presunta superiorità dell’uomo nei confronti degli altri esseri viventi non ha più ragione di esistere. La visione antropocentrica deve essere abbandonata per una posizione più realista: siamo tutti su questa terra e, anche se apparteniamo a razze diverse, abbiamo ognuno dei diritti, come quello di vivere una vita dignitosa senza sfruttamento alcuno da parte di altri e, senza che nessuno possa decidere quando porre fine all’esistenza altrui. Negli ultimi anni, sinceramente, c’è stata evoluzione in questa direzione un po’ dappertutto, soprattutto in alcuni Paesi europei, compresa l’Italia, si parla sempre di più di diritti degli animali, c’è stato un aumento dei vegetariani e addirittura dei vegani, di chi cioè ha escluso ogni prodotto animale dalla sua dieta. Ci sono molte più occasioni per conferenze e dibattiti ed esiste una maggiore apertura. Dal 2012, ad esempio, i cani possono viaggiare con i padroni in treno. I regolamenti condominiali, con la modifica delle norme sul condominio di fine 2012, non possono più vietare la presenza degli animali domestici. Quindi, anche dal punto di vista legislativo, sono stati fatti dei passi in avanti a loro tutela, anche se ormai tali leggi, visto il numero accresciuto di persone che considera gli animali come parte integrante della famiglia, risultano obsolete. Naturalmente altri traguardi dovranno essere raggiunti, non ci possiamo di certo fermare. In alcune zone del nostro Paese bisogna lavorare molto sulla mentalità. Vi è una certa discrepanza tra alcune regioni del Sud e quelle del Nord, dove è maggiore il sentimento di rispetto verso gli animali.
In italia purtroppo negli ultimi mesi vi è stata una recrudescenza dei fenomeni di violenza ai danni degli animali, una sorte di vortice di follia che sembra non avere fine, cosa si può realmente fare a livello giuridico e istituzionale per porre un freno ai maltrattamenti di animali e alla loro uccisione e per riconoscere loro a tutti gli effetti la dignità di “esseri senzienti”?
Si devono per prima cosa modificare e/o integrare le leggi attuali che si sono dimostrate insufficienti. Come per gli altri tipi di reati, anche più gravi, in Italia c’è il problema della non certezza della pena e, anche se si viene condannati con sentenza passata in giudicato, cioè definitiva, ad una determinata pena detentiva, poi intervengono tanti istituti, per esempio, l’indulto, la buona condotta, etc. Alla fine gli anni da scontare non sono più quelli anche per reati efferati. Come dicevo prima, le attuali leggi nel settore della tutela animale vanno riviste, le pene edittali sono troppo basse e non assicurano che gli autori sconteranno la pena prevista e quindi, non viene fatta giustizia. Noi avvocati animalisti stiamo lavorando in questa direzione e in occasione della manifestazione che si è svolta il 22 aprile a Roma in Piazza del Popolo Uniti per loro abbiamo consegnato a Paolo Bernini e Mirko Busto, deputati del M5S, che erano presenti all’evento, un manifesto politico da consegnare al Presidente del Consiglio e a tutti i politici italiani, in cui abbiamo evidenziato alcune necessità, ad esempio l’approvazione di leggi più severe, l’abolizione dei circhi con gli animali, la riforma della legge sulla caccia, etc.
Il suo messaggio personale per sensibilizzare al rispetto degli animali…
Ricordiamoci degli animali non solo quando ne abbiamo bisogno, tipo in occasione di terremoti o di altri eventi catastrofici, ricordiamoci della loro sensibilità, sincerità, spontaneità e fedeltà. Cerchiamo di essere più umili e potremmo scoprire che loro possono insegnarci tanto, anche e soprattutto ad essere migliori.
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