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“L’esperto risponde”: la metrite del gatto

Nella rubrica settimanale di Velvet Pets un esperto potrà risolvere i dubbi sulla salute dei vostri amici a quattro zampe. Questa settimana parleremo della metrite del gatto, una malattia uterina molto diffusa.

L’apparato riproduttivo delle femmine di gatto è molto delicato e pertanto è soggetto a varie malattie e infezioni che possono essere debellate solo grazie all’intervento di un veterinario. Tra le più diffuse troviamo la metrite, ossia un’infezione batterica che si sviluppa nella fase post-partum, durante lo svezzamento dei cuccioli o anche dopo un aborto involontario.

Questo tipo di infezione insorge quando la gatta ha dei feti morti nell’utero o quando la placenta non viene espulsa correttamente durante il parto. Come per la maggior parte delle infezioni batteriche, se non debellata in tempo, la metrite può portare alla morte.

SINTOMI

La sintomatologia della metrite può variare in base allo stadio dell’infezione e alle difese immunitarie del gatto. Tra i sintomi più comuni troviamo: febbre alta, disidratazione, depressione, perdita di appetito, vomito, diarrea, frequenza cardiaca accelerata e perdite vaginali. All’apparire dei primi sintomi è fondamentale sottoporre la gatta ad una visita veterinaria.

DIAGNOSI

Gli strumenti diagnostici più utili sono:

  • esami del sangue, per verificare l’eventuale innalzamento del numero di globuli bianchi;
  • profilo biochimico, per evidenziare il possibile innalzamento dei valori del fegato e dei reni;
  • radiografie o esami ad ultrasuoni, per poter indagare l’eventuale presenza di feti morti nell’utero;
  • esami citologici e colture vaginali, per rivelare la presenza dei batteri e il numero di globuli bianchi in eccesso.

 TRATTAMENTO

Una cura antibiotica nella maggior parte dei casi può debellare l’infezione batterica nel giro di circa due settimane, ma in alcuni casi sarà necessario somministrare anche l’ossitocina e le prostaglandine, che stimolano la contrazione dell’utero permettendo l’espulsione di eventuali feti morti o dei residui di placenta. In casi estremi non è esclusa l’ovarioisterectomia.

Photo Credits: Twitter

Redazione

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