A quasi un anno dalla tremenda uccisione del cane Angelo, barbaramento torturato e poi impiccato, i quattro ragazzi “per bene” di Sangineto arrivano finalmente in aula. Infatti, si apre a Paola, in provincia di Catanzaro, il processo più atteso dagli animalisti e non solo
Era il 24 giugno 2016 quando quattro ventenni di Sangineto, piccolissimo comune in provincia di Cosenza, forse per noia o per puro sadismo, hanno legato, seviziato e poi impiccato un cane randagio di colore bianco, molto noto nel loro paese, perché solito sostare per le vie per raccogliere un po’ di cibo e qualche carezza. Non contenti del loro gesto, questi giovani definiti “per bene”, hanno ripreso la scena raccapricciante con i loro telefoni cellulari, e hanno poi diffuso il video sui social. Il che è stato il loro errore più grande, poiché sono stati immediatamete riconosciuti e poi denunciati per uccisione di animale (c.p. art. 544-bis), per il quale oggi rischiano da 4 mesi a 2 anni di reclusione.
Così dopo le proteste dei cittadini e degli animalisti, i cortei e le manifestazioni che chiedevano giustizia, finalmente a Paola, sempre in provincia di Catanzaro, si apre il processo, giovedì 27 aprile, i quattro imputati compariranno in aula per quella che si spera diventi una sentenza esemplare nel nostro Belpaese. Nel frattempo, dopo che i nomi degli accusati sono stati rilasciati, a uno di loro non è stato rinnovato il contratto di lavoro. E, come scrive anche il sito 24zampe.it, perfino il presidente del Senato Pietro Grasso, in un messaggio inviato al Partito Animalista Europeo: “La tutela degli animali è una questione di rilevante interesse nazionale che richiede un approccio multidisciplinare e un’assunzione di responsabilità da parte di tutta la società in ogni sua componente: etica, sociale, economica ed istituzionale”.
Per giovedì prossimo, gli animalisti hanno organizzato un presidio alle ore 8.00 davanti al tribunale, senza contare che in molte altre zone d’Italia ci sono state manifestazione in questi giorni per chiedere una pena che sia efficace. Anche perché, purtroppo, le premesse non sono buone: di recente, l’unico accusato dell’uccisione del cane Spike a Pozzuoli è stato assolto, così come è accaduto per i due responsabili dell’esecuzione a colpi di pietra del cane Moro, sulle montagne di Breno, nel bresciano. Insomma, con un video come prova, di cosa altro ha bisogno la magistratura?
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