Secondo una ricerca condotta dall’Associazione “Elephant Voices”, a causa del bracconaggio, alcuni elefanti nascono senza zanne o con zanne troppo piccole rispetto alla norma.
Il fenomeno del bracconaggio che mette a rischio la sopravvivenza degli elefanti è una triste realtà che da tempo gli animalisti di tutto il mondo cercano di combattere attraverso campagne di sensibilizzazione e petizioni. Purtroppo l’essere umano ha sempre abusato di questi animali e il commercio di avorio ricavato dalle loro zanne ha creato un business del valore di 23 miliardi di dollari l’anno. Secondo le statistiche mondiali, dal 2007 al 2014 vi è stato un significativo calo di elefanti e in Africa ne sono rimasti soltanto 470.000 esemplari. Dati preoccupanti, come quelli dell’ultima statistica redatta dall’Associazione “Elephant Voices”, organizzazione no-profit che ha lanciato un vero e proprio allarme.
Secondo quanto riferito da Joyce Poole, ricercatrice e cofondatrice dell’associazione, le femmine di elefante stanno subendo una sorta di mutamento genetico in quanto stanno nascendo con zanne sempre più corte o completamente prive di zanne. Già a partire dal 2008 i ricercatori hanno constatato una riduzione della dimensione delle zanne anche tra gli esemplari maschi. Come ha riferito la ricercatrice: I maschi hanno una forte pressione genetica ad avere le zanne ma le femmine hanno iniziato a modificare il loro aspetto per avere più possibilità di sopravvivenza. Da questi primi dati allarmanti si deduce subito che l’istinto di difesa di questi animali sia quello di adattarsi ad una vita senza zanne pur di sopravvivere ai bracconieri.
È stato inoltre constatato che molti elefanti riescono a sopravvivere anche dopo l’amputazione delle zanne, ma in realtà, senza di esse, la loro salute viene inevitabilmente compromessa. Se per l’essere umano le zanne d’avorio hanno soltanto un grande valore economico, gli elefanti ne hanno bisogno per funzioni fondamentali per la sopravvivenza, quali scavare nel terreno arido per poter prelevare l’acqua nei periodi di siccità o difendersi nel caso dei maschi.
Secondo altri ricercatori tuttavia è ancora presto per parlare di “mutamento genetico” e dovranno sicuramente essere condotti altri studi per confermare la teoria di Joyce Poole. Ciò che è certo però è che tali dati devono essere interpretati come un campanello dall’allarme da non sottovalutare, che deve mettere in guardia sulle prospettive future e spingere ad azioni forti per bandire definitivamente il bracconaggio.
Photo Credits: Twitter
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