Secondo una nuova sentenza della Corte di Cassazione, i cani che arrecano disturbo alla quiete pubblica potranno essere sequestrati dopo aver sporto querela.
Torna al centro dell’attenzione il tema della gestione dei cani in ambito condominiale con la nuova sentenza della Corte di Cassazione n. 54531/2016, che determina come legittimo il sequestro preventivo di cani che disturbino la quiete pubblica. La sentenza si riferisce al caso di una signora denunciata da una vicina per aver tenuto i propri cani in condizioni igieniche non ottimali e per aver permesso che abbaiassero di continuo senza intervenire. Le accuse erano state respinte dall’avvocato della signora in questione, che aveva presentato ricorso, considerato però privo di fondamento dalla Cassazione.
Nella sentenza si legge: Il ricorso è infondato e deve essere rigettato. Questa Corte ha ripetutamente affermato che gli animali sono considerati “cose”, assimilabili – secondo i principi civilistici – alla res, anche ai fini della legge processuale, e, pertanto, ricorrendone i presupposti, possono costituire oggetto di sequestro preventivo […] La distinzione che la ricorrente propone – il sequestro preventivo dell’animale sarebbe possibile solo per tutelarlo contro i maltrattamenti e non in altri casi – non ha alcun fondamento normativo positivo. Al contrario, proprio la previsione dell’Art. 544 sexies Cod. Pen. costituisce una conferma normativa recente che gli animali possono essere soggetti a confisca (nel caso contemplato dalla norma, obbligatoria) e, quindi, a sequestro preventivo.
Dunque da oggi sarà possibile far sequestrare il cane del vicino che dia fastidio o che abbai di continuo, ma si specifica nella sentenza che ciò può essere applicabile solo se ad essere disturbato dal rumore è tutto il circondario e non una sola persona o poche persone facilmente individuabili e comunque bisognerà prima sporgere una querela, dunque intraprendere un vero e proprio procedimento legale. Secondo la giurisprudenza l’abbaio del cane rientra tra le molestie perseguibili se è anomalo, ossia incessante o tale da disturbare il riposo notturno delle persone.
Sono ovviamente esclusi da questa considerazione il rumore fisiologico (ad esempio l’abbaiare del cane quando qualcuno suona il campanello) e comunque tutte le forme di abbaio che restino al di sotto dei 3 decibel e l’abbaio naturale del cane che, per legge, dev’essere tollerato dai vicini. Resta in ogni caso una responsabilità del proprietario dell’animale “impedirne lo strepitio” e in particolare impedire che l’animale abbai in modo immotivato per cause dipendenti da una cattiva gestione (ad esempio lasciarlo chiuso fuori, lasciarlo senza cibo, farlo agitare deliberatamente), soprattutto negli orari di riposo delle persone.
Nella sentenza è riportato inoltre: Gli uomini sono superiori agli animali, sono padroni degli animali e li utilizzano per le loro esigenze, sia pure tentando di evitare loro sofferenze superflue perché non collegate al soddisfacimento dell’interesse umano. Secondo i giudici dunque ad essere tutelato deve essere esclusivamente l’interesse del cittadino a non essere disturbato, a prescindere dalla sofferenza dell’animale a essere separato dal proprietario e il dispiacere di quest’ultimo nell’essere privato dei propri cani, definiti all’interno della sentenza “cose”. Una sentenza che solleva molti interrogativi, al pari della sentenza 50329/2016, che aveva assolto un uomo che aveva ucciso un alano per difendere il suo cane (LEGGI ANCHE SENTENZA SHOCK: NON È PUNIBILE CHI UCCIDE UN CANE PER DIFENDERE IL PROPRIO).
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