A Taiwan una veterinaria si è suicidata dopo che è stata costretta dallo Stato a sopprimere 700 cani. Non riusciva a reggere il peso dei sensi di colpa.
Nei canili di tutto il mondo vengono soppressi continuamente i cani vaganti sul territorio che vengono catturati e finiscono in strutture pubbliche. Fortunatamente, in Italia, grazie all’introduzione della Legge n. 281 del 14 agosto 1991, gli animali ospitati nei canili non possono più essere soppressi. Ma in altri Paesi del mondo, quali Francia, Germania, Inghilterra e Spagna non è così, in quanto viene regolarmente praticata l’eutanasia, per non parlare dei Paesi dell’est europeo, quali Romania e Ucraina, tristemente noti per il massacro su larga scala di cani randagi. In questa classifica di terribili stermini, anche l’Asia si attesta purtroppo tra i Paesi le cui strutture municipali praticano l’eutanasia dei randagi, con metodi che definire cruenti sarebbe un eufemismo, basti ricordare che in Giappone cani e gatti vengono regolarmente uccisi in camere a gas, con un metodo di soppressione crudele che provoca la morte per lenta asfissia da anidride carbonica, dopo un’agonia che dura a 15 minuti durante la quale gli animali lottano con tutte le loro forze per sfuggire alla morte tra sofferenze inaudite.
La mattanza di Stato è ammessa anche a Taiwan, Paese da cui proviene questa storia doppiamente agghiacciante. Dopo essere stata costretta dalle leggi dello Stato a sopprimere 700 cani, Jian Zhicheng, veterinaria e direttrice del centro di educazione degli animali e del canile di Xinwu, si è tolta la vita per il peso insopportabile dei sensi di colpa che gravavano sulla sua coscienza. La donna, di 31 anni, aveva scatenato le ire dell’opinione pubblica dopo aver partecipato ad un programma in TV durante il quale, in un’intervista aveva dichiarato: Lo Stato non permette il sovraffollamento dei canili e concede solo 12 giorni di tempo da quando il cane entra in canile, trascorso il breve periodo, se il cane non viene adottato deve essere posto ad eutanasia. Io stessa ho dovuto sopprimere 700 animali in due anni.
La veterinaria era dunque finita nel mirino degli animalisti e non solo ed era stata additata da tutti come persona crudele e ricoperta di insulti sui social media. Dopo l’ondata mediatica, la donna, costretta dalla dittatura dello Stato a compiere queste uccisioni e lei stessa vittima di un sistema totalitario, ha deciso di togliersi la vita praticando a se stessa l’iniezione letale che normalmente veniva usata per sopprimere i cani. Prima di morire, ha scritto un biglietto: La vita umana non è diversa dalla vita di un animale. Morirò con gli stessi farmaci che mi costringono ad usare per uccidere gli animali e finalmente ritroverò il sonno, quello che ho perso due anni fa, quando guardavo negli occhi coloro che mi hanno obbligata ad uccidere, ogni giorno e senza alternative.
La sua morte però purtroppo non servirà a ridare vita a tutti gli animali già uccisi, né a fermare lo sterminio, perché al suo posto verrà assunto un altro veterinario e tutto continuerà come prima in quella struttura gestita dallo Stato che uccide un animale ogni volta che ne arriva uno nuovo. Tutto questo continuerà purtroppo senza fine a Taiwan e non solo, finché non saranno adottate misure legislative in grado di porre fine a tutto questo scempio.
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