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Referendum: ecco perché l’Onorevole Brambilla e l’ENPA hanno detto “NO”

All’indomani dei risultati del Referendum del 4 dicembre 2016, ecco le motivazioni del “NO” degli animalisti, attraverso le parole dell’ENPA e dell’Onorevole Brambilla.

La vittoria del “NO” al Referendum del 4 dicembre 2016 sulla riforma costituzionale è stata schiacciante. Il risultato non è stato quello sperato da Matteo Renzi, che ha annunciato le sue dimissioni. Il premier ha parlato a Palazzo Chigi poco dopo la mezzanotte, ancor prima della chiusura dei seggi, affermando: Il no ha vinto in modo straordinariamente netto. Renzi ha inoltre comunicato che, nel pomeriggio del 5 dicembre 2016, convocherà il Consiglio dei Ministri e andrà al Quirinale, dove consegnerà le dimissioni nelle mani del Presidente Sergio Mattarella. Il Movimento 5 Stelle e la Lega Nord, i due partiti principali alla guida del fronte del no, hanno chiesto di tornare il prima possibile al voto. A spingere fortemente verso il “NO” in questo Referendum anche lOnorevole Michela Vittoria Brambilla, che in una lettera aperta (“Perché, da animalista, voto NO al referendum ed invito a fare altrettanto”) ha spiegato pubblicamente le motivazioni della sua scelta, a cui ha fatto seguito un comunicato dell’ENPA.

L’Onorevole Brambilla, Presidente della Lega Italiana per la Difesa degli Animali e dell’Ambiente, ha spiegato che la riforma costituzionale che è andata al referendum è stata rigettata perché non si è voluto cambiare lo status giuridico degli animali, continuando a considerarli “oggetti”, semplici “cose”, mentre poteva essere questa l’occasione per adeguare la Carta fondamentale al sentimento della maggioranza degli italiani, riconoscendo gli animali come “esseri senzienti”, come “soggetti portatori di diritti, bisognosi di maggiori tutele. Ma il governo e la maggioranza si sono opposti. Non hanno voluto nemmeno prendere in considerazione il testo che avevo predisposto insieme alle associazioni e che avrebbe finalmente cambiato le cose: “Gli animali sono esseri senzienti e la Repubblica ne promuove e garantisce la vita, la salute e un’esistenza compatibile con le loro caratteristiche etologiche”.

Ha inoltre aggiunto: Non possiamo accettare di indebolire o eliminare completamente i contrappesi al potere del governo, che già con la Costituzione attuale è comunque riuscito a condurre in porto provvedimenti devastanti per la difesa dei diritti degli animali: l’abolizione del Corpo Forestale dello Stato l’eliminazione della Polizia Provinciale (specializzata nella vigilanza venatoria), l’improcedibilità per “tenuità del fatto” (che di fatto regala l’impunità a chi maltratta o uccide un animale), il via libera alle leggi regionali che prevedono stragi di ungulati (dai cinghiali ai caprioli), la legge sull’eradicazione della nutria, il parziale mantenimento della barbarie dei richiami vivi (si possono ancora allevare uccelli a questo scopo), la deroga al divieto di caccia sulla neve, la possibilità di caricare con più cartucce (fino a 5) le armi semiautomatiche per la caccia al cinghiale e da ultimo – cronaca dei giorni scorsi – un “regalone” alle doppiette del Trentino-Alto Adige: grazie ad un decreto su misura, nella Regione si potrà sparare anche a specie non cacciabili altrove, come stambecchi o marmotte. Alla lista, infine, aggiungiamo il piano per la caccia “selettiva” del lupo e una “controriforma” dei parchi naturali, in via di approvazione, che consente ai cacciatori di metterci piede.

L’ENPA ha detto il suo “NO” per gli stessi motivi elencati dall’Onorevole Brambilla, sottolineando, in particolare la cancellazione dei controlli sul territorio, la mancata impugnazione di leggi regionali palesemente illegittime e stilando, in una nota pubblicata sul sito ufficiale,  un vero e proprio decalogo, sintetizzabile nei seguenti punti:

  • Il silenzio istituzionale del Ministro dell’Ambiente in tema di protezione animali e tutela della biodiversità;
  • I tagli del Ministro della Salute alla prevenzione del randagismo e il congelamento della task force ministeriale che sequestrava canili lager;
  • Le mancate norme di protezione dei cinghiali; la mancata impugnazione di leggi regionali contro gli animali, quali la Legge Remaschi in Toscana, che consente di cacciare i cinghiali tutto l’anno utilizzando mezzi e metodi vietati in violazione della legge quadro 157/92; la legge della Liguria che sanziona il “disturbo venatorio”, multando chi passeggiando in un bosco “disturbi” un cacciatore; la legge del Veneto che consente, a chiunque abbia un’arma, di sparare alle nutrie;
  • Il non intervento del Governo e del Ministro dell’Ambiente in tema di caccia, per bloccare la fase propedeutica (PILOT 6955/14/ENVI) all’avvio di una nuova procedura d’infrazione europea in materia di caccia e di calendari venatori;
  • L’introduzione della categoria di “orso dannoso”, fortemente voluta dal Ministero dell’Ambiente, presumibilmente come atto propedeutico per autorizzare le uccisioni;
  • La caccia ai lupi, che, paradossalmente si sarebbe voluta estendere, nelle intenzioni di alcuni politici anche ai cani “inselvatichiti”, modificando l’attuale normativa (281/91) che vieta la soppressione dei randagi;
  • La controriforma parchi, varando modifiche peggiorative alla legge sui parchi (394/1991), che consentirebbero, tra l’altro, l’accesso dei cacciatori anche all’interno delle aree protette, sempre più a rischio di smembramento.

In questo clima di grande fermento politico per l’Italia, in attesa dei risvolti futuri, si spera che nuove prospettive si apriranno sul fronte animalista ed ecologista.

Photo Credits: Twitter

 

 

Redazione

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