La Corte di Cassazione ha assolto un uomo che aveva ucciso un alano con una lama tagliente per difendere il proprio cane. La sentenza ha sollevato un vespaio di polemiche e desta molte preoccupazioni per il futuro.
Ha suscitato molto scalpore la sentenza n. 50329/2016 (Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 29 ottobre – 28 novembre 2016, n. 50329) emessa dalla Corte di Cassazione, che ha assolto un uomo che aveva ucciso un alano per difendere il suo cane. L’episodio era accaduto a Piombino, dove un uomo di 71 anni, che passeggiava col suo cane nel centro abitato, aveva incontrato sul suo percorso un alano condotto senza museruola e senza guinzaglio, che si era avvicinato aggredendo il cane più piccolo e procurandogli delle piccole ferite da morso. Il proprietario del cane aggredito aveva reagito colpendo l’alano con una lama, della lunghezza di 35 cm, estratta dal suo “bastone animato”, e procurandone la morte.
L’uomo era stato denunciato ed era stato chiamato a rispondere dei reati di cui agli Articoli 699 e 544-bis del Codice Penale per aver portato fuori dalla propria abitazione, senza giustificato motivo, un puntale di ferro (che estraeva da un bastone e per sua natura destinato all’offesa della persona, con il quale uccideva senza valida ragione, un cane alano, ma alla fine è stato assolto. L’assoluzione è stata motivata dalla Corte di Cassazione con la situazione di necessità, che esclude la configurabilità del delitto di danneggiamento o uccisione di animali. Ciò si estende anche ad ogni azione che induca all’uccisione o al danneggiamento dell’animale per prevenire o evitare un pericolo imminente o per impedire l’aggravamento di un danno giuridicamente apprezzabile alla persona propria o altrui o ai propri beni, quando tale danno l’agente ritenga altrimenti inevitabile.
La Suprema Corte precisa che il reato previsto dall’articolo 544 bis è a dolo specifico quando si ferisce o si uccide un animale per crudeltà o a dolo generico quando l’azione viene commessa senza necessità. Per i giudici della terza sezione penale l’uomo aveva reagito per paura che l’alano potesse uccidere il suo cane e aggredire anche lui e questo costituirebbe la “scriminante” che delinea lo stato di necessità e dunque escluderebbe la punibilità. Tuttavia resta il fatto che le responsabilità ascritte all’uomo nella sentenza di accusa nei suoi confronti emessa dalla Corte Territoriale restano tali, sia perché l’uomo andava in giro con un’arma sia per la sua deliberata intenzione di uccidere l’animale colpendolo con un fendente sferrato sopra la zampa sinistra, in una situazione di pericolo non così imminente.
Il provvedimento di assoluzione ha suscitato pesanti polemiche e desta inevitabili preoccupazioni anche per il futuro, perché lasciano intravedere uno scenario in cui, ipoteticamente, chiunque potrebbe uccidere un animale appellandosi alla configurabilità dello stato di necessità e restare impunito. Si immagini soprattutto il caso in cui non vi siano testimoni oculari “umani” e dunque ciò presterebbe facilmente il fianco alla possibilità di perpetrare crimini su animali adducendo come giustificazione che si era in pericolo o ci si sentiva minacciati.
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