Ha destato molto scalpore l’ultima campagna antispecista della PETA. È stato chiesto a delle persone completamente ignare di provare un nuovo tipo di latte: il latte di cane. Le reazioni sono state sorprendenti.
La PETA (People for Ethical Treatment of Animals), associazione animalista fondata nel 1980, ha sempre portato avanti campagne antispeciste e si è sempre battuta per i diritti degli animali. Si tratta della più grande organizzazione mondiale, con più di 5 milioni di membri e sostenitori, il cui slogan è “liberazione totale degli animali”. La sua attenzione è concentrata soprattutto sugli animali utilizzati nei laboratori, nel commercio di pellame e nell’industria alimentare ed è proprio su quest’ultimo settore che è stata incentrata l’ultima campagna di sensibilizzazione che chiede quale sia la differenza tra latte di cane, di mucca, di gatti, facendo notare che le mucche sono imbottite di antibiotici e il loro latte non è assolutamente salutare.
La campagna si è basata su un esperimento che ha suscitato molto scalpore, in quanto a dei passanti ignari a Londra è stato offerto del latte, promosso come una nuova marca e poi è stato chiesto loro un parere in merito al suo sapore, consistenza e qualità. Le risposte delle persone sottoposte all’esperimento sono state le più svariate: è dolce; è come un frullato; è più bianco del bianco, ma, quando è stato detto loro che si trattava di latte di cane, le reazioni sono state quasi di panico, in molti lo hanno sputato e hanno espresso il loro disgusto e sono volati insulti.
In realtà… si trattava semplicemente di latte di soia e l’esperimento era finalizzato unicamente a sensibilizzare le coscienze sulla sofferenza delle mucche “da latte”, selezionate geneticamente e inseminate artificialmente per produrre quanto più latte possibile. Dall’età di circa due anni, trascorrono in gravidanza nove mesi ogni anno. Poco dopo la nascita, i vitelli sono strappati alle madri affinché non ne bevano il latte e vengono rinchiusi in angusti recinti dove non riescono neanche a muoversi, dove vengono alimentati in modo inadeguato per far sì che diventino anemici e la loro carne sia bianca e tenera e infine sono mandati al macello. Il trauma della separazione alla nascita è fonte di indicibile sofferenza, sia per il piccolo che per la mucca, che viene munta per mesi e costretta a produrre una quantità di latte pari a 10 volte l’ammontare di quello che sarebbe stato necessario a nutrire il vitello.
Per lo sfruttamento intensivo, le mucche vanno inevitabilmente incontro a problemi fisici (zoppia, acidosi, mastite, etc.) e, giunte all’età di 5 o 6 anni, quando ormai sono esauste, dopo essere state sfruttate fino al limite estremo, vengono mandate al macello, mentre la durata naturale della loro vita sarebbe di 20-40 anni. Le mucche da latte, come tutti gli animali da allevamento, non sono animali sani, in quanto tenuti in condizioni di sofferenza, e sono tenuti in piedi solo grazie alla gran quantità di farmaci e antibiotici mescolata ai mangimi. Il latte di mucca, dunque contiene:
- farmaci di vario genere, addizionati al mangime, che si accumulano nelle loro carni e nel loro latte;
- erbicidi e pesticidi, usati per coltivare i mangimi per gli animali; anche questi si accumulano nel corpo degli animali;
- sangue, pus, feci, batteri, virus.
Il pus passa nel latte assieme alle altre sostanze ed è stata stabilita una normativa comunitaria che definisce quanto pus può essere ammesso nel latte. In pratica è stata stabilita una soglia limite e, secondo la direttiva, in un millilitro possono esserci fino a 400.000 “cellule somatiche”, ossia pus, e un livello di unità di germi fino a 100.000. In un litro di latte dunque possono esservi 400 milioni di cellule di pus e 100 milioni di germi. La campagna della PETA sul latte arriva dunque giusto al centro dell’annosa questione e lo fa in un modo provocatorio per scuotere l’opinione pubblica e generare consapevolezze nei consumatori. E voi che latte bevete?
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