Il Ministero della Salute Italiano ha reso noti i dati sulla sperimentazione animale secondo la normativa prevista dalla Direttiva Europea 2010/63/UE. Il numero di cavie sarebbe in diminuzione, ma i macachi utilizzati in laboratorio sono in aumento e i dati non sono comunque rassicuranti neanche per altre specie.
La sperimentazione animale è un annoso problema che tocca l’opinione pubblica e l’animo degli animalisti da tempo immemore. Molte battaglie sono state portate avanti negli anni per abolire definitivamente lo scempio perpetrato ai danni di essere indifesi ed alcuni passi sono stati fatti, ma non ancora abbastanza, come dimostrano i dati resi noti dalla LAV e dal Ministero della Salute Italiano, raccolti per la prima volta seguendo la normativa prevista dalla Direttiva Europea 2010/63/UE sulla protezione degli animali a fini scientifici , recepita in Italia con il Decreto Legislativo n.26/2014, e pubblicati nella Gazzetta Ufficiale n.197 del 24 agosto 2016.
Grazie alla legge che prevede il ricorso agli animali come l’ultima via di sperimentazione, attuabile solo se non sono disponibili metodi alternativi, si è registrata negli ultimi una lieve diminuzione nel numero di animali impiegati per scopi sperimentali. Il calo di esperimenti è iniziato nel 2014, con 30.000 animali in meno rispetto all’anno precedente. In Italia, da 723.000 nel 2013 il numero di animali da laboratorio sarebbe sceso a 691.000 nel 2014. Secondo quanto si legge sul sito del Ministero: Con 691.666 animali utilizzati nel 2014 l’Italia scende di circa 30mila unità rispetto all’anno precedente, confermando la funzionalità delle nuove regole contenute nella direttiva e la massima attenzione con cui vengono vagliate le procedure di autorizzazione.
Gli animali utilizzati come cavie sono circa 485mila topi, 130mila ratti, 28mila polli, 18mila pesci, 17mila porcellini d’india, 7mila conigli e circa 450 macachi, molti dei quali provenienti da Asia e Africa e inoltre sono circa 500 i cani utilizzati. Dati dunque che non rassicurano affatto rispetto alle possibilità di un completo cambio di rotta a favore di una ricerca che sappia fare del tutto a meno dell’utilizzo di animali, sottoposti a procedure dolorosissime e a delle vere e proprie sevizie, la cui reale validità scientifica è tutta da comprovare.
Grande allarme desta il grande numero di procedure classificate come gravi, la cui stima supera i 21.000 casi di sperimentazioni che comportano dolore e angoscia prolungati, spesso condotte senza anestesia, lesioni spinali, stimolazioni elettriche, nuoto forzato e perfusione di organi. Dunque, per ora, come affermato dalla Dott.ssa Michela Kuan, biologa, responsabile LAV Area “Ricerca senza anima”: L’impegno verso la riduzione e la sostituzione degli animali nella ricerca rimane purtroppo solo sulla carta, come dimostrano queste statistiche, principio che non viene ascoltato per la mancanza di formazione, gap culturale e interessi economici, e che vincola il nostro Paese a un modello fallimentare di ricerca, anacronistico.
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