Legambiente ha presentato il quinto rapporto “Animali in città” elaborando i dati forniti da 91 Comuni capoluogo di provincia e da 73 Asl
Per cani e gatti le amministrazioni comunali e aziende sanitarie locali del nostro Paese spendono ogni anno quasi 250 milioni di euro. Una cifra di tutto rispetto direte voi, che comunque non basta a risolvere problemi seri come il randagismo e neanche a garantire campagne per una corretta gestione di Fido e Micio. A dirlo è Legambiente nel suo quinto rapporto Animali in città che raccoglie ed elabora i dati forniti da 91 Comuni capoluogo di provincia (82,7 per cento del campione) e da 73 Asl (49 per cento delle 149 contattate).
Dalla ricerca, infatti, si evince anche lo scarso utilizzo dell’anagrafe canina, utilizzata solo dai proprietari più responsabili o (gioco forza) da chi adotta animali dalle strutture comunali. A mancare, inoltre, controlli e adeguate campagne di sterilizzazionw volte a ridurre l’abbandono di cucciolate impreviste e il conseguente randagismo. Insomma, l’Italia non è ancora un “paese per cani, gatti &co.” parafrasando il film dei fratelli Coen, ma non manca anche qualche buona notizia. Quasi tutte le Asl dicono di intervenire contro il maltrattamento degli animali (86,3 per cento) e quasi tutte di aver fornito lettori microchip al proprio personale (95,89 per cento).
Terni e Modena, inoltre, hanno le migliori performance fra i comuni che hanno attivato l’assessorato o un ufficio dedicato agli animali, mentre a Savona e Brescia ci sono le Asl più attente fra quelle che hanno almeno il canile sanitario o l’ufficio di igiene urbana veterinaria. Bolzano e Lucca, infine, sono le migliori province italiane per quanto riguarda la capacità di riassegnare quei cani che finiscono nei canili. Maglia nera, purtroppo, a Trapani dove c’è solo una sistemazione ogni 30 nuovi ingressi. Migliorarsi si può e si deve, quindi rimbocchiamoci le maniche.
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