Un Pit Bull l’aveva attaccata, ferendola gravemente e facendole perdere il bambino che stava aspettando. Ma lei è riuscita ha trovare la forza del perdono e ne ha salvato uno. Questa la storia vera di Donna Lawrence, una donna originaria del North Carolina, che negli Stati Uniti è diventata anche un film, Susie’s Hope.
Per quasi 5 anni, infatti, come racconta il sito The Dodo, Donna aveva assistito ai maltrattamenti che il suo vicino di casa faceva subire al suo cane, un Pit Bull, lasciandolo per molte ore senza acqua né cibo, picchiandolo e facendolo vivere praticamente sempre attaccato alla catena. Ma un giorno, stanca di quegli abusi, decise di intervenire e, approfittando dell’assenza dei vicini, entrò nel giardino dove era tenuto il cane. Una scelta che le costò molto cara: l’animale, ormai incattivito e fuori controllo, la aggredì brutalmente, facendola abortire. Inoltre, dopo l’operazione, i medici dissero alla Lawrence che non avrebbe più potuto avere figli.
Se avesse iniziato a odiare i Pit Bull sarebbe stato comprensibile. Ma non è andata così. Anzi: solo 10 mesi dopo, Donna trovò un cucciolo (per metà proprio Pit Bull) in un parco. Era una femmina e, all’inizio la Lawrence credeva fosse morta: aveva solo 8 settimane di vita, ma aveva la mascella e tutti i denti rotti, nonché ustioni sul 60 per cento del corpo. I suoi proprietari l’avevano ridotta in fin di vita perché aveva osato leccare il viso del loro bambino. Se non fosse stata operata, la cagnolina sarebbe morta, ma per farlo servivano molti soldi e Donna non li aveva.
Da qui l’idea di fare un appello in tv e chiedere una raccolta fondi. Ed è così che Susie (questo il nome che Donna aveva scelto per lei) è stata salvata. Il suo caso, inoltre, è stato usato come esempio in North Carolina per ottenere una legge più severa contro chi maltratta gli animali. Oggi la Lawrence ha fondato un’organizzazione no profit e insieme al suo cane (che si porta ancora addosso i segni di quelle sevizie) visita le scuole, le chiese e diversi altri luoghi per parlare dei maltrattamenti sugli animali. Il loro benessere è diventata la sua missione. Perché è riuscita a capire che se un cane diventa aggressivo, la responsabilità è sempre dell’uomo.
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