Una condanna a 5 mesi e 10 giorni con pena sospesa e il risarcimento delle spese legali alle due associazioni che si sono costituite parte civile, la Leal (Lega anti vivisezionista di Milano) e la Dingo di Venezia, assistita questa dall’avvocato Maria Caburazzi. E’ questa la sentenza emessa dal Tribunale di Belluno per la strage di una colonia felina di San Vito di Cadore, in provincia di Belluno, in cui nell’agosto del 2013, furono uccisi 15 gatti circa tra cuccioli e adulti. L’accusato G.B. (che aveva confessato) ha patteggiato e ora, come si legge in un comunicato ufficiale apparso sulla pagina Facebook della Dingo, “è possibile (ed auspicabile) ora una causa civile contro questa persona, peraltro rea confessa di queste crudeli e inammissibili azioni“.
La vicenda giudiziaria era iniziata dopo la denuncia di una signora di Venezia che si prendeva cura della colonia di gatti e che aveva già preso accordi con la locale Asl per il censimento e la sterilizzazione. Già negli anni precedenti aveva denunciato la sparizione di alcuni esemplari. L’imputato, inoltre, aveva tranquillamente ammesso le varie uccisioni. Per lui, quando i gatti diventano troppi, era giusto eliminarli. Persino durante le dichiarazioni rese ai carabinieri al momento del fermo l’indagato ammise il suo efferato gesto. Sono a verbale, infatti, queste affermazioni, a dir poco agghiaccianti: “Avendo un elevato numero di gatti che ammontano a circa 20 unità, tuttora ne uccido tramite un’accetta lasciando soltanto uno o due, di quelli più belli, gli ultimi che ho ucciso risalgono ad un mese fa“.
Nonostante la piena confessione, però, il sostituto procuratore aveva proposto al giudice per le indagini preliminari di archiviare l’esposto. Ma l’avvocato Caburazzi per conto della Dingo aveva fatto opposizione, sostenuta anche dalla protesta di altre associazioni animaliste sia veneziane che bellunesi. Cristina Romieri della Dingo su Facebook scrive: “Aggiungo che il patteggiamento è una facoltà che ha l’imputato che comunque ammette la sua colpa (come spesso vediamo). Considero comunque positivo che la signora abbia fatto denuncia, che si sia arrivati al procedimento, che lo stesso non sia stato archiviato (come richiesto). Questa persona si è visto additato nella stampa come il “macellaio” o il “killer”, deve pagare le spese legali (poi si vedrà per il risarcimento – causa civile). Ed è senz’altro servito per far capire a tante persone (ancora esistono!) che uccidere un gatto è un reato, oltre che una cosa inammissibile“. E speriamo che, visti anche i casi dei giorni scorsi, serva realmente.
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