Si chiama Animali nella Grande Guerra ed è lo straordinario documentario diretto da Folco Quilici che punta a raccontare il primo conflitto mondiale da un punto di vista differente da solito. Il filmato (che sarà trasmesso in occasione del centenario dell’entrata in guerra dell’Italia domenica 24 maggio su Raiuno in seconda serata) ricostruisce ricordi, storie, episodi di vita vissuta del rapporto tra uomini e animali, tra momenti di serenità e tenerezza, alternati allo sfondo di in uno dei più tragici periodi della storia contemporanea.
Perché furono circa 11 milioni i cavalli, 200mila i piccioni e i colombi, 100mila i cani, ma non solo, che vissero sui vari fronti della Prima guerra mondiale tra gli stenti e le bombe insieme 60 milioni di soldati di tutta Europa. Animali utilizzati, a seconda dei casi, per trasportare rifornimenti, trovare feriti, segnalare la presenza di gas, portare messaggi o, semplicemente, tenere compagnia alle truppe (una sorta di pet-therapy ante litteram). Un vero e proprio “esercito” di eroi senza nome che il giornalista e scrittore ha voluto celebrare mettendo insieme molto materiale inedito proveniente dall’Archivio storico Cinecittà Luce, Cineteca del Friuli e British Pathe.
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“Gli operatori al fronte non avevano alcun interesse a filmare gli animali – ha detto Folco Quilici all’Ansa – e questo ha reso le loro immagini ancora più interessanti, perché li vediamo comparire sulla scena in modo naturale, quasi per caso, rendendo il materiale più sincero e vero“. Dai muli da soma degli alpini, che trasportavano anche cannoni smontati, ai cani “effettivi” dell’esercito o adottati (e poi nuovamente abbandonati nei vari spostamenti), che condividevano nel quotidiano le difficoltà e i compiti dei soldati, stabilendo con loro un profondo legame emotivo. E poi i colombi e i piccioni, efficaci strumenti di comunicazione, o i cavalli che, dopo aver affiancato i soldati in battaglia, finirono (soprattutto negli eserciti tedeschi e austriaci, rimasti a corto di viveri) nelle loro gavette. Senza dimenticare, infine, anche gli “animali nemici” dei soldati al fronte, come i topi e i pidocchi, che infestavano le trincee.
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