La memoria dei cani dura al massimo 2 minuti. Uno studio svedese lo dimostra

La prossima volta che il vostro cane fa le feste a un vecchio amico, ricordate che il suddetto cucciolo, probabilmente, non riesce a ricordare l’ultima volta che si sono incontrati“. Con questa frase un po’ provocatoria scritta sul National Geographic viene introdotto un recente studio, condotto dall’università di Stoccolma e pubblicato dalla rivista Behavioural Processes, che afferma che una delle caratteristiche che differenzia l’essere umano dagli altri animali è la capacità di ricordare. Sembra che, in media, gli animali ricordino un evento accidentale per 27 secondi contro gli esseri umani che invece riescono a “trattenerlo” oltre le 48 ore. I cani, in particolare, sono sì sopra la media, ma riescono a memorizzare un evento solo fino a 2 minuti.

La ricerca effettuata dal Centro per lo studio dell’evoluzione culturale e guidata dall’etologo Johan Lind ha analizzato la memoria a breve termine di 25 specie diverse tra le quali cani appunto, delfini, api, scimpanzé e macachi. Uno dei test condotti è molto semplice: agli animali sono mostrati a stretto giro due simboli di colori diversi (un cerchio rosso e uno blu) e al primo è sempre associato una ricompensa alimentare. La specie dovrebbe selezionare il primo campione che ha visto per ottenere il cibo, ma gli animali riescono a trattenere il ricordo solo per un brevissimo periodo. I più capaci, in questo caso, sono stati i migliori amici dell’uomo.

Il ricordo a breve termine, che è definito dagli studiosi anche memoria episodica, permette agli esseri umani di ricordare anche gli eventi più banali, come dove abbiamo parcheggiato la macchina o che data dobbiamo pagare una bolletta. Secondo Lind esistono animali che riescono a trattenere a lungo alcuni ricordi (come gli elefanti non dimenticano mai un volto), ma in questi casi essi usano una memoria associativa e non una memoria episodica.

Nonostante lo studio svedese, noi siamo certi che molti proprietari di cani potrebbero dissentire sui dati emersi e anche sull’affermazione che ne ha tratto il National Geographic… o forse no?

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