Nuova udienza ieri, 12 novembre, nel processo contro Green Hill l’allevamento di Montichiari (Brescia) in cui i beagles erano detenuti prima di essere inviati ai laboratori di tutta Europa e utilizzati per la sperimentazione di nuovi farmaci. Sotto accusa Bernard Gotti e Ghislane Rondot, co-gestori di Green Hill dal 2001, Roberto Bravi e Renzo Graziosi, rispettivamente direttore e veterinario dell’allevamento. A Green Hill sarebbero morti almeno 6000 cani in due anni, vittime di maltrattamenti e in conseguenza di condizioni di vita precarie.
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Con il sequestro di 3000 cani dall’allevamento, tutti affidati a Lav e Legambiente, si è avuto un abbattimento della mortalità dei cani, come afferma Gianluca Felicetti, presidente della Lav “98 decessi, inclusi i cani nati morti, in 2 anni e mezzo, su poco più di 3000 cani sequestrati e affidati, contro le molte migliaia di morti avvenute dentro Green Hill prima del sequestro: la liberazione da parte nostra ha drasticamente ridotto la mortalità di questi animali. Per ogni cane deceduto all’anno durante l’affido, sarebbero morti tra i 19 e 87 beagles, se gli stessi fossero rimasti all’interno Green Hill. Questa analisi dei decessi è stata effettuata sulla base dei documenti provenienti dall’azienda e sequestrati nel luglio 2012“.
Fuori dal tribunale una ventina di cani salvati dalla vivisezione e le loro famiglie affidatarie con uno striscione eloquente: “Giustizia per i cani di Green Hill”. La lotta per gli animali continua ma in Italia rimangono ancora aperti quasi 600 allevamenti per animali destinati alla sperimentazione e quasi 900 mila animali all’anno vengono usati per la vivisezione.
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