Secondo la Legge italiana non si possono paragonare le lesioni agli essere umani come quelle degli animali e proprio per questo motivo anche il risarcimento ne risente. E’ quello che è successo a due donne – una madre ed una figlia – che hanno chiesto oltre diecimila euro di danni per delle cure veterinarie a carico di un loro vicino casa che qualche anno fa ha sparato alle loro due gatte – Tilli che è rimasta gravemente ferita e Zaira che dopo una serie di interventi non ce l’ha fatta – con una pistola a piombini.
Il Tribunale di Milano ha condannato l’uomo a versare quattromila euro di risarcimento perché “gli esborsi per le cure veterinarie possono essere limitati“. Secondo il giudice “per le persone esigenze umanitarie ed affettive ed i valori costituzionali escludono in radice, che l’ordinamento possa consentire uno spazio di irrisarcibilità delle cure mediche prestate a seguito di lesione del bene salute“: quanto enunciato però non trova applicazione per le cure veterinarie perché la Legge prevede la tutela dell’animale non come un bene in sé, ma come funzionale a garantirne la relazione con l’uomo.
Insomma, alla fine alle signore sono spettati solamente duemila euro a testa per il rapporto interattivo tra proprietario ed animale che è stato interrotto in un modo così brusco e che “era idoneo ad appagare esigenze relazionali-affettive certamente meritevoli di tutela da parte dell’ordinamento giuridico”. Invece per le cure sono state quantificate solo per un totale di quattromila euro – equivalente al danno morale – e non la somma principale che avevano chiesto. Secondo voi è giusto?
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