Grasso animale nelle banconote: la denuncia arriva dal web

Ancora una volta è stata immessa sul mercato una banconota realizzata con grasso animale. È successo in Gran Bretagna lo scorso settembre, con le 5 sterline. Lo ha ammesso la Banca d’Inghilterra ed è subito partita una petizione

Dall’Inghilterra arriva l’ultima follia. Si tratta della nuova banconota da 5 sterline, quella con sopra il ritratto di Winston Churchill, reclamizzata dal Governo perché ha una durata maggiore rispetto alle precedenti, ma non solo: dicono sia quasi impossibile da falsificare e sia particolarmente resistente, perfino all’acqua (o al sugo, come è stato anche dimostrato).

Proprio quest’ultima caratteristica, però, ha messo la pulce nell’orecchio a più di una persona, che si è domandata quale fosse la nuova, misteriosa sostanza in grado di garantire questi “miracolosi” risultati. Fino a che Steffy Rox, e con lei altri animalisti e vegani britannici, sui social lo ha chiesto senza tanti giri di parole alla Banca d’Inghilterra, che, senza un minimo di pudore (ma per lo meno onestamente), ha ammesso di aver utilizzato derivati animali. Precisamente si tratta di sego, ovvero grasso prelevato dall’addome di bovini, equini e suini.

sterline

Immediatamente è stata lanciata una petizione per far ritirare le banconote incriminate, che in poco tempo ha totalizzato più di 120mila adesioni ed è in continua crescita. L’autore dell’iniziativa è Doug Maw, che per primo ha dichiarato l’intenzione di boicottarle affermando che: “Siamo tutti consci che non si tratta di una novità, perché le vecchie sterline erano realizzate con altro materiale organico. Ma purtroppo si può far poco a riguardo, mentre è davvero inaccettabile che lo siano anche quelle di nuova generazione”. Dopo questo scandalo il sito Gizmodo.com ha stilato un elenco di tutti i Paesi che utilizzano denaro non veg-friendly. Diciamo subito che l’Italia per fortuna non figura tra le nazioni irrispettose, ma sono ben 24. Ed è semplicemente inammissibile.

Photo Credits Facebook

Impostazioni privacy